Elvo Zornitta, l’ingegnere veneto sospettato di essere Unabomber, ha raccontato oggi a La vita in diretta l’incubo vissuto con la sua famiglia poichè accusato di essere stato il “mostro” e di aver provocato 34 attentati. Tutto ebbe inizio dopo che una troupe tv disse che c’erano delle prove contro di lui. Da quel momento i cronisti invasero la sua abitazione. Secondo il suo racconto, Zornitta iniziò a divenire “Unabomber” a causa della falsità di un ex collega il quale rivelò che, alla luce del suo lavoro nel settore militare poteva avere le conoscenze sufficienti per creare ordigni. La prova regina contro di lui fu una forbice con la quale secondo gli inquirenti l’uomo aveva tagliato il lamierino trovato sul luogo dell’attentato. In realtà, a tagliare il lamierino era stato un poliziotto con le forbici che furono sequestrate. Per gli inquirenti, però, era lui il solo Unabomber e da quel momento per l’intera sua famiglia ebbe inizio un vero e proprio incubo. Tanti gli indizi contro Zornitta: oltre alle forbici nella sua casa furono sequestrati anche altri oggetti: “trovarono come indizi i gusci degli ovetti Kinder di mia figlia, penne Bic, cavi elettrici, anche un libro giudicato sospetto, Psicopatologia della vita quotidiana di Freud”. Poi un giorno, mentre montava un condizionatore in casa, trovò una microspia in una presa. “Ho aperto tutte le altre prese e ne ho trovate altre 3: in bagno, in camera e in soggiorno”. Furono piazzate telecamere anche all’esterno per osservare i suoi movimenti.
UNABOMBER: ELVO ZORNITTA E IL SUO INCUBO
Mentre i sospetti ricadevano su Elvo Zornitta, il vero Unabomber faceva esplodere cinque bombe ma questo non lo scagionò: gli inquirenti trovarono le scusanti che probabilmente aveva un complice e per questo sospettarono prima della moglie, poi del fratello ma lui viveva a 70 km di distanza e tra i due non c’erano particolari frequentazioni. “Il sospetto rimase nel vago, ma fu dichiarato che qualcuno mi dava una mano, io la mente e qualcun altro il braccio”, ha aggiunto l’uomo. Il sospetto di essere Unabomber gli cambiò la vita sul piano professionale ma anche sociale. “Devo ringraziare la mia famiglia che mi è stata sempre vicina. Questo criminale colpiva i bambini, puoi immaginare cosa significava avere una figlia in età scolare in quel periodo”, ha aggiunto. La sua posizione fu archiviata dalla Procura di Trieste solo nel 2009 ma per lui cambiò poco: “non mi sono accorto subito di essere uscito dalle indagini, perchè continuava ad esserci sempre quell’aria di sospetto”. Per Zornitta l’incubo è durato dal 2006 al 2014 quando in Cassazione è stato incriminato il poliziotto che falsificò la prova. “Nessuno mi ha chiesto scusa e questo mi rattrista di essere italiano”, ha chiosato l’ingegnere al programma di Raiuno.