L’ultimo problema del Governo si chiama United Nations global compact, un accordo promosso dall’Onu che prevede una governance globale a tutela del diritto di emigrare. Per Conte e Moavero va firmato, la Lega si è opposta e ha ottenuto che la firma dell’Italia sia condizionata al voto favorevole del Parlamento. M5s prevedibilmente si spaccherà, diviso com’è tra destra (Di Maio) e sinistra (Fico), ma Stefano Folli, editorialista di Repubblica, esclude che su questo si possa arrivare ad una crisi di governo: non conviene a nessuno, nemmeno a M5s, dove Di Maio è in forte difficoltà. L’ostacolo maggiore per i gialloverdi rimane ancora la legge di bilancio, sulla quale la Commissione non ha mostrato alcuna apertura e c’è da aspettarsi che non lo farà. “In questo momento — dice Folli — la Francia è la capofila della posizione più ostile al Governo di Roma e Moscovici sta lavorando per Macron”.
Come stanno le cose, Folli?
Salvini non può permettersi di apparire cedevole nei confronti dell’Ue e Di Maio non può perdere la faccia sul reddito di cittadinanza. Le due questioni politicamente si intrecciano e danno luogo alle dichiarazioni cui assistiamo in questi giorni.
Ma il cedimento è reale o no?
Il cedimento c’è, nella misura in cui il Governo dovrà ridurre il deficit, però i due alleati non possono darlo a vedere. La contraddizione è seria e potrà essere sciolta solo quando le cifre della manovra saranno nero su bianco, a legge approvata.
Qual è l’opinione prevalente a Bruxelles?
Si teme che le aperture di Conte non trovino poi riscontro nel voto dell’aula.
Il capo del Governo si è spinto troppo avanti in sede di trattativa rispetto a Di Maio e Salvini?
I tre erano tutti d’accordo sulla necessità di concedere qualcosa alla Commissione, perché hanno paura dei mercati e hanno bisogno di una tregua fino alle europee. D’altra parte Salvini e Di Maio non potevano andare a Canossa. Una Ue più accomodante si sarebbe accontentata degli impegni presi e avrebbe sospeso la procedura di infrazione, ma così non è stato, ed è qui che l’operazione di Conte mostra di non aver funzionato.
E adesso?
Se la procedura continua, avremo proprio quello che il Governo voleva evitare, dare ai mercati l’impressione di essere un paese “sotto inchiesta”.
E’ proprio vero che non è questione di numeri, ma nemmeno di regole; o meglio: anche la questione delle regole è tutta politica.
Il Governo italiano non piace alla Commissione, questo è il dato politico. E a Bruxelles Salvini è molto più indigesto di Di Maio. Attualmente in Europa la Francia è la capofila della posizione più ostile al Governo di Roma e Moscovici sta lavorando per Macron.
Come giudica la posizione del ministro Savona, anche alla luce del caso dimissioni, poi rientrato, di settimana scorsa?
Le obiezioni di Savona alla manovra sono note, non ne fa un discorso di ortodossia europea ma di sviluppo. Per lui la manovra non favorisce la crescita e su questo ha ragione. Savona è l’unico che potrebbe avere, un domani, personalità e argomenti per abbandonare il Governo. Non così Conte e nemmeno Tria.
Di Maio è al centro delle polemiche per il padre che avrebbe fatto lavorare in nero gli operai. Che peso politico ha questo caso?
E’ una cosa molto grave che incrina la sua immagine, perché ad esser coinvolto è un moralista per eccellenza. Inoltre Di Maio ha delle difficoltà dentro i 5 Stelle che non sono ancora emerse ma che potrebbero emergere in tempi brevi.
Ultimo ma non ultimo, lo United nations global compact. Salvini ha chiesto e ottenuto che a decidere sia il Parlamento. Eppure, Conte si era dichiarato favorevole e Moavero pure.
Quello del Global compact è un problema serio su cui Conte si è spinto effettivamente molto avanti, seguendo una linea che, posso intuire, è anche quella del Quirinale, però mi pare difficile che i 5 Stelle aprano una crisi su questo. Una via d’uscita onorevole per molti potrebbe essere quella dell’astensione.
I sondaggi continuano a dare la Lega in crescita. Cosa farà Salvini?
Io continuo a pensare che Salvini abbia raggiunto il tetto e che questo si collochi intorno al 32-33%. Potrebbe superarlo alle europee, un voto meno vincolato da logiche di politica interna; Salvini lo sa ed è per questo che il voto di maggio il suo primo obiettivo. Dopo, non rinuncerà a usare quel consenso in Italia.
(Federico Ferraù)