La Gran Bretagna si avvicina lentamente e inesorabilmente alla Brexit. Negli scorsi giorni gli stati dell’Unione Europea hanno dato l’ok all’accordo fra Londra e la stessa UE, e il prossimo 11 dicembre ci sarà l’esame finale, il voto del parlamento in merito al “deal” di cui sopra. Il Regno Unito si appresta a vivere un periodo di assoluta incertezza, come non accadeva da decenni, e sono molti quelli convinti che alla fine l’accordo verrà bocciato e scoppierà il caos. Nel frattempo ha parlato nuovamente la premier Theresa May, in un’audizione a Westminster, e nell’occasione ha ribadito che non è previsto alcun referendum bis sulla Brexit. Del resto il popolo britannico si è già espresso sull’argomento, e chiamarlo nuovamente al voto sarebbe un’offesa nei confronti di coloro che hanno votato “yes” all’uscita. Tra l’altro sorgerebbe anche un problema di natura tecnica, visto che il voto popolare non sarebbe possibile prima del 20 marzo 2019, giorno in cui Londra dovrà uscire ufficialmente dall’Unione Europea, e di conseguenza tutti quelli desiderosi di tornare alle urne dovranno mettersi l’anima in pace: «Un eventuale secondo referendum non si potrebbe indire entro il 29 marzo del prossimo anno – ha precisato il primo ministro in parlamento – per farlo bisognerebbe estendere l’articolo 50 (quello che appunto stabilisce la deadline ndr). Estendendo l’articolo 50 – ha proseguito – si riaprirebbero i negoziati e ci troveremmo semplicemente in un periodo di maggiore incertezza». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, AUDIZIONE DELLA PREMIER MAY
La Premier Theresa May ha risposto a diverse domande durante un’audizione parlamentare sulla Brexit e, sotto la pressione della Commissione vigilante, ha sentenziato «Rimanere nell’Ue non è un’opzione perché il popolo ha votato per uscirne». Il possibile “piano-B” davanti all’ipotesi di un no-deal a questo punto “decade”, o almeno con un Governo May non sarà praticabile: il problema è che la leader di Downing Street non ha dato altri dettagli in merito all’eventualità che il suo accordo sul divorzio dall’Ue non venga accettato e ratificato in Parlamento. «Penso che sia importante che i parlamentari si concentrino sulla natura di questo voto. E’ un punto importante nella nostra storia. Se l’accordo è respinto però qualcuno dovrà prendere iniziative pratiche in relazione al non accordo», ha spiegato “sibillina” ancora la May davanti alla commissione in Parlamento. Nel frattempo, in vista del voto del prossimo 11 dicembre alla Camera dei Comuni, è stato ufficializzato un confronto-duello tv tra la Premier e il leader dell’opposizione Jermy Corbyn, in diretta sulla Bbc il prossimo 9 dicembre in prima serata.
BARNIER: “QUESTO È L’UNICO ACCORDO POSSIBILE”
«L’attuale accordo Brexit sul tavolo è l’unico accordo possibile»: così poco fa il capo negoziatore della Brexit per l’Unione Europea, Michel Barnier, intervenendo alla plenaria del Parlamento Europeo a Bruxelles. Dopo gli allarmi pronunciato da BoE e Tesoro, aumentando i tentativi dell’Europa di “convincere” assieme alla May il Parlamento inglese affinché prenda la decisione più idonea e logica, quella di accettare un accordo seppur ricco di problematiche e “punti oscuri”, rispetto allo spettro del no-deal. «Ora è il momento della ratifica dei Parlamenti a partire da quello britannico ed il momento di assumersi la propria responsabilità», ha poi proseguito il diplomatico sottolineando come il voto inglese «impegnerà il futuro del Regno Unito, e io rispetterò tale dibattito parlamentare democratico». In merito invece ai negoziati per stabilire le prossime future relazioni tra Londra e Bruxelles, Barnier specifica «l’Ue adotterà lo stesso atteggiamento avuto nel precedente negoziato e che non c’è stata e non ci sarà mai aggressività o una volontà di rivalsa, né da parte mia alcuna volontà punitiva». Al netto delle problematiche e della sconfitta che esca un membro così importante come il Regno Unito, «continueremo a lavorare con il Regno Unito e non contro il Regno Unito per costruire il futuro partenariato e per il rispetto dovuto ad un grande Paese che resterà nostro amico, nostro partner nostro alleato».
L’ALLARME DELLA BANCA D’INGHILTERRA
Ieri era stato il Ministero del Tesoro inglese, ora è la Banca d’Inghilterra (la celeberrima BoE) a lanciare gli allarmi in vista della Brexit: se la Gran Bretagna lasciasse l’Unione Europea senza un vero accordo – il cosiddetto no-deal che sta alimentando tutte le ansie e i timori della Premier May – allora si rischia una «recessione profonda e dannosa». Non solo, le conseguenze per l’economia inglese avverte anche la Bank of England tramite il proprio Governatore Mark Carney «potrebbero essere peggiori non solo rispetto alla crisi finanziaria del 2008 ma addirittura della Seconda Guerra Mondiale». In una nota diffusa ieri dal board della BoE, la possibilità di un calo della crescita fino all’8% nel 2019 rischia di avere come impatto anche un -10,5% nei prossimi 5 anni: in poche parole, l’hard Brexit voluta da parte del Governo Tory e dei brexiters più accaniti alla House of Commons potrebbe scatenare un crollo della sterlina fino al 25%.
BREXIT, MERCATI TEMONO ANCHE IN CASO DI ACCORDO
Il problema reale, che comprende tutto il mare magnum delle polemiche e problematiche “in casa” Brexit, riguarda il fatto che nessuno ad oggi è in grado di prevedere con certezza quali saranno gli effetti certi del divorzio dall’Ue: la May con il suo accordo “strappato” in extremis ai 27 Paesi Europei scommette tanto, se non tutto, per il proprio futuro politico ma anche per il futuro di tutti i britannici. Il no-deal al momento vede incubi all’orizzonte, ma anche l’accordo attuale non è che soddisfi granché: «La ratifica parlamentare dell’accordo non sarà facile e probabilmente porterà nuovi episodi di stress sui mercati, ma riteniamo che lo scenario più probabile sia che l’accordo venga ratificato sebbene, con ogni probabilità, difficilmente accadrà al primo tentativo», spiegano gli esperti di Amundi raccolti da FinanciaLounge su Repubblica. Resta però il fatto che in alternativa il no-deal rappresenta scenari ancora più nefasti per la Gran Bretagna, come sottolineato ancora dal n.1 della Banca d’Inghilterra: il valore delle case crollerebbe del 30%, la disoccupazione salirebbe fino al 7,5% e i tassi di interesse si impennerebbero assieme all’inflazione. La BoE ha lanciato la sfida, come ieri il Tesoro: ora sta al Parlamento “ratificare” o “rompere del tutto”. L’impressione è che in entrambi i casi, di problemi ce ne saranno comunque..