La compagnia aerea Itavia dovrà essere risarcita dallo Stato per il dissesto finanziario seguito alla strage di Ustica, dove nel 1980 precipitò un Dc-9 con 81 persone a bordo. Lo ha deciso la terza sezione civile della Corte di Cassazione, che ha confermato la sentenza della scorsa primavera con cui aveva condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti al risarcimento della compagnia aerea, respingendo i ricorsi presentati dallo Stato e accogliendo invece quello della società che chiedeva il pagamento di ulteriori danni. Quindi i ministeri non solo devono risarcire gli eredi del titolare della compagnia Itavia per il dissesto finanziario ma deve versare più dei 265 milioni di euro già stabiliti dalla Corte d’appello di Roma. È da risarcire anche il danno subito dalla compagnia costretta alla cessazione definitiva dell’attività di volo. La Cassazione aveva già accolto il verdetto dei giudici d’appello di Roma che hanno individuato la causa del disastro aereo «nell’esplosione esterna dovuta a missile lanciato da altro aereo».
STRAGE USTICA, CASSAZIONE SUL RISARCIMENTO A ITAVIA
I ministeri dei Trasporti e della Difesa sono stati riconosciuti colpevoli dell’omesso controllo della situazione di rischio che si è venuta a creare nei cieli di Ustica dove quella sera aerei militari non autorizzati e non identificati incrociarono l’aerovia assegnata al volo Itavia. La Corte ha osservato che se i ministeri «avessero adottato le condotte loro imposte dagli specifici obblighi di legge, l’evento non si sarebbe verificato», perché «sarebbe stato possibile percepire la presenza di altri aerei lungo la rotta del Dc9 e, quindi, adottare misure idonee a prevenire l’incidente, ad esempio non autorizzando il decollo, assegnando altra rotta, avvertendo il pilota della necessità di cambiare rotta o di atterrare onde sottrarsi ai pericoli connessi alla presenza di aerei militari o, infine, intercettando l’aereo ostile con aerei militari italiani». Così la Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai ministeri contro la sentenza della Corte d’appello di Roma del 2013 che aveva stabilito un risarcimento di 265 milioni per la compagnia fallita in seguito alla strage.