Dopo sei mesi insieme alla guida del Paese spunta già l’ipotesi di rivedere il contratto di Governo. È solo l’ultimo indizio di un rapporto tra Lega e Movimento 5 Stelle che si sta facendo più difficile, come dimostrato anche dal caso ecotassa, difesa dai pentastellati e che invece Salvini promette di cambiare, o dal fatto che il ministro dell’Interno, e non quello dello Sviluppo economico, incontrerà i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali che hanno manifestato in settimana in favore di un’opera pubblica, la Tav, su cui la posizione del Movimento 5 Stelle è piuttosto altalenante. E ancora non è chiaro quale sarà la quadra su una manovra da ridiscutere non solo per evitare la procedura di infrazione dell’Ue, ma anche il rischio di una recessione. Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, non ha dubbi: ormai siamo arrivati a una situazione in cui una delle due parti dovrà prevalere sull’altra, nel Governo è in corso un chicken game.
Professore, cominciamo da Salvini, che ha deciso di incontrare le associazioni imprenditoriali…
La cosa paradossale è che lo fa per cercare di ricucire con il suo elettorato. Ho l’impressione che se continuerà a far passare le proposte dei 5 Stelle prima o poi o salterà il consenso nei suoi confronti o lui dovrà staccare la spina al Governo, perché mi pare che siamo arrivati ai gilet gialli anche in Italia.
I gilet gialli chi sarebbero?
Le Pmi. Le quali si trovano molto penalizzate dal Decreto dignità, che non crea invece problemi alle grandi imprese, che possono effettuare un turnover su diverse posizioni a termine, cosa più difficile per le piccole. Che si trovano quindi a dover sostenere costi più alti per il lavoro. A me sembra evidente che il Decreto dignità sia stato fatto da Di Maio su pressione di grandi imprese. E mi sembra sempre più evidente che dietro i 5 Stelle ci siano gruppi di grandi imprese.
Da cosa lo desume?
Anche da questa vicenda dell’ecotassa, che è studiata contro Fiat, perché colpisce di più proprio le auto del gruppo italo-americano. Non sto dicendo che dietro ai 5 Stelle ci sia Volkswagen, ma certamente ci sono interessi di grandi imprese straniere. Si tratta di capitali internazionali. Non dimentichiamo che a Cernobbio i 5 Stelle non sono guardati male. Già Gianroberto Casaleggio era stato invitato. C’è poi dell’assurdo nel fatto che a proporre l’ecotassa sia il Movimento 5 Stelle.
Perché?
Perché se si facessero alta velocità e linee metropolitane che collegano meglio i paesi intorno alle grandi città si toglierebbe molto più inquinamento. Basti pensare che con la Torino-Lione si eliminerebbe un milione di camion all’anno con una percorrenza media di almeno 500 km per ogni percorso. Tutto però viene bloccato da un’analisi costi-benefici.
Il mondo imprenditoriale sembra tra l’altro compatto in questo frangente…
Sì, abbiamo visto i grandi imprenditori italiani a fianco dei piccoli. Gli interessi si sono unificati. Mi sembra che Confindustria abbia cominciato a capire che guaio ha fatto a se stessa e quindi adesso è terrorizzata, soprattutto dal rischio di una recessione.
Salvini non sapeva con chi stava andando a governare sei mesi fa?
Penso che Salvini non si rendesse pienamente conto della situazione. Probabilmente nemmeno i 5 Stelle singolarmente se ne rendono conto, non essendo un vero partito organizzato. Certo che è piuttosto curioso che un emendamento contro la Fiat diventi così importante e stringente per Di Maio, che rischia tra l’altro di trovarsi contro gli operai di Pomigliano, paese dove vive. Salvini poi forse non si è nemmeno preoccupato più di tanto finché ha visto che continuava a guadagnare consensi.
E ora cosa può accadere tra le due forze al Governo?
Siamo in una situazione di chicken game, una dovrà prevalere sull’altra. Il vero problema di Salvini è che un Governo alternativo non ce l’ha. O meglio ce l’avrebbe solo se il Presidente della Repubblica accettasse di dare un mandato politico al centrodestra. Ma se Mattarella preferisse un Governo tecnico sarebbe difficile per la Lega appoggiarlo. Di Maio ha invece due problemi: uno è quello personale, con la vicenda riguardante il padre, l’altro è il consenso in discesa del Movimento 5 Stelle che potrebbe essere ridimensionato da un ritorno al voto.
(Lorenzo Torrisi)