Che i tempi siano rivoluzionari si vede dalla velocità con cui la politica consuma eroi e partiti, prima Matteo Renzi e il suo Pd, ora M5s e il suo Luigi Di Maio, e linee politiche: la Lega di Matteo Salvini, una volta estremista, domenica scorsa ha preso posto al centro. Ma questa è la sfida per chi, come Salvini, è il vincitore sulla carta di oggi ed è la lezione per gli sconfitti di ieri.
Prima gli sconfitti. Luigi Di Maio, possiamo dirlo?, è ormai uno zombie politico. L’attuale capo politico di M5s aveva una sola freccia al suo arco, di per sé molto debole, quella di “onestà-onestà”, ma ora l’illusione è finita. Il padre è di fatto reo confesso di abusi edilizi e tentativi di evasione fiscale e lui stesso è implicato nella storia come prestanome cosciente (quindi traditore degli ideali propagandati) o incosciente (quindi incapace al punto da non rendersi conto). Né gli basta impuntarsi sulla vicenda dei fondi della Lega. Impossibile adesso gridare ancora “onestà-onestà”, ma senza questo cos’è il M5s? Non è che sia un partito di scienziati, e va bene tutto, ma gli italiani la prossima volta sceglieranno davvero degli incompetenti e anche disonesti?
Questa per inciso dovrebbe essere una lezione per Renzi, che ha silurato Marco Minniti alla segreteria Pd e ora forse vorrebbe fare un nuovo partito con Silvio Berlusconi. Se un partito al 33% e il suo leader si sono consumati in sei mesi, Renzi, già caduto, fra sei mesi che percentuale potrà raccogliere?
Certo, in teoria, un’alleanza Renzi-Berlusconi mette in campo un’enorme batteria di giornali e tv, ma si è visto che in tempi di nuovi media la vecchia copertura forse non funziona come una volta.
Resta però il potere di ostruzione. Un Renzusconi non riuscirebbe a vincere ma potrebbe far perdere chiunque voglia nascere in una posizione moderata.
Tali calcoli di fatto sono il maggiore aiuto a Salvini. Il M5s in fase di scioglimento, il centro presidiato da un Renzusconi che non fa nascere o crescere nient’altro, lascia la Lega di Salvini nella posizione migliore per crescere in teoria fino all’estrema sinistra.
Ma non è tutto per la star del momento, stretto da due ordini di problemi. Primo: il successo di Salvini è per ora solo teorico. Le percentuali sono quelle dei sondaggi di opinione, non quelli solidi dei posti in Parlamento. Quindi la Lega deve cercare di trasformare i sondaggi in realtà parlamentare prima che la marea cambi, e vista la velocità dei tempi questo potrebbe avvenire in ogni momento.
Secondo: la Lega deve arruolare competenze per tenere il potere e non farselo sfuggire dopo qualche mese come è successo al M5s. Qui tranne l’attento Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e i vecchi amministratori locali, non si vedono altri grandi talenti all’orizzonte.
Anzi, ci sono già segni di frattura. Il potente sottosegretario allo Sviluppo economico in quota Lega Michele Geraci ha guidato e guida una crociata di apertura verso la Cina senza rendersi conto che proprio allora i rapporti Cina-Usa erano sul filo del rasoio e che la sua “offensiva” in questo contesto metteva in imbarazzo sia l’Italia che la Cina.
Qui i due problemi si innestano uno nell’altro.
Competenze complesse non possono essere improvvisate e senza di queste i favori dei sondaggi rischiano di dissolversi così come sono venuti. È stato così per il M5s e domani sarà lo stesso per la Lega.
Ciò anche perché le dimostrazioni dei gilet gialli in Francia dimostrano che il problema oggi non è la possibile uscita dell’Italia dall’euro ma l’implosione del vecchio schema di Unione Europea. Quindi Salvini non ha da pensare solo all’Italia ma dovrà positivamente contribuire a ridisegnare l’Ue, senza cui l’Italia va alla deriva verso la Libia.