Valentino Talluto è stato condannato a 22 anni di carcere per aver contagiato con l’Hiv 32 persone, 25 delle quali si sono costituite parti civili. La prima Corte d’Assise di Roma ha concesso uno sconto di pena al 34enne di origini siciliane, che in primo grado era stato condannato a 24 anni. Uno sconto di due anni perché è stato assolto per quattro episodi con la formula dubitativa “per non aver commesso il fatto”. Il pg Simonetta Matone aveva però chiesto 30 anni di reclusione per Valentino Talluto. «I fatti sono assolutamente chiari. La condotta dell’imputato era assolutamente attenta al suo obiettivo», aveva detto il pg Matone. Considerato l’elevato numero dei casi, e quello dei contati, questa condotta «ha costituito un vero e proprio attentato alla salute pubblica», infatti parla di «un’epidemia scientemente provocata». Gli avvocati difensori di Valentino Talluto invece aveva chiesto l’assoluzione con formula piena perché «più di qualche punto buio c’è, e questo lascia Valentino Talluto nella non colpevolezza».
VALENTINO TALLUTO, UNTORE HIV CONDANNATO A 22 ANNI
Valentino Talluto sapeva di essere sieropositivo ma non ne informava le donne con cui aveva incontri sessuali. Lo sostiene l’accusa, secondo cui chiedeva a tutte di avere rapporti non protetti. Per il rappresentante dell’accusa «Talluto ha omesso consapevolmente di dire la sua condizione: il suo intento non era quello di intrattenere tanti rapporti sessuali, ma era quello di vendicarsi del genere femminile e maschile. Si tratta di un preciso intento di fare del male. Si tratta di una vicenda orribile caratterizzata dalla piena consapevolezza dell’azione». Molte delle ragazze che hanno frequentato il 34enne di origini siciliane, arrestato il 23 novembre del 2015 anche per l’accusa di lesioni gravissime, erano al loro primo rapporto sessuale. Nel corso dei vari interrogatori resi durante le indagini, Valentino Talluto, pur dicendosi dispiaciuto per quanto accaduto, si è sempre difeso sostenendo di non essere consapevole dei danni che avrebbe potuto provocare la sua sieropositività. Neanche nel processo d’appello è stata riconosciuta l’accusa di epidemia dolosa bensì quella di lesioni gravissime.