La tentazione di invadere i cuori

In un liceo di Monopoli la lezione di un’associazione pro-vita ha suscitato aspre polemiche per le immagini forti. Due deputati di M5s sono insorti

Nelle ore della morte di Antonio Megalizzi, al termine dell’anno dedicato al Sinodo dei Giovani e a cinquant’anni dal sessantotto, fa impressione constatare come i giovani siano usati dagli adulti come terreno di battaglia. La vicenda di un liceo di Monopoli, in cui un intervento anti-aborto del Movimento per la Vita è finito sotto attacco dei pro-aborto del Movimento 5 Stelle, fino a diventare oggetto di un’interrogazione parlamentare, rimette al centro un concetto di educazione che equivale a “conquista”, “manipolazione”: educare significherebbe trasformare la mente e il cuore dei ragazzi secondo i principi stabiliti dai grandi, invadendo le coscienze con la scusa di formare.

È utile sottolineare che questa concezione dell’educazione è trasversale al mondo laico e al mondo religioso: la mia missione di adulto, secondo questa prospettiva, non sarebbe altro che farti pensare quello che penso io, adeguando la tua concezione delle cose di ragazzo a quella propugnata dalla mia storia, dalla mia esperienza. Il successo educativo verrebbe dunque a coincidere con la tua adesione alla mia verità. Che cosa c’è di sbagliato in tutto questo? Perché questo modo di educare non va?

La verità di una cosa non è relativa: contiene certamente una dimensione soggettiva, ma è sempre identificabile in un’ultima realtà incontrovertibile. Questa ultima realtà non è mai qualcosa di rivelato, ma è sempre qualcosa di scoperto. La Verità di una cosa è sempre una scoperta. La Verità del mio amore, del mio lavoro, della mia amicizia è sempre qualcosa che devo scoprire io in prima persona, al punto che — se questa scoperta non avviene — la Verità resta un puro nome, un puro concetto: non diventa mai mia. Colpisce sempre come il cristianesimo, la fede nel Dio rivelato, non si sia posto nella storia con violenza: fin dalla cosiddetta parabola del “Figliol Prodigo” il Padre tifa affinché il Figlio scopra nella sua esperienza il bisogno di tornare a casa, la Verità del suo essere nel mondo.

Ancora oggi, proprio come duemila anni fa, non c’è niente come la violenza che impressioni e scuota le coscienze dei ragazzi. Lo stesso pontefice ha voluto, nella sua “Lettera al popolo di Dio” stigmatizzare non solo ogni abuso sessuale, ma anche ogni abuso di potere e di coscienza a danno dei più piccoli: nella misura in cui io ho una Verità da trasmettere è mio compito consegnare ai più giovani gli strumenti, la strada e il metodo, per scoprirla, resistendo alla tentazione di invadere manu militari il loro cuore. Ciò che non si dice è che ogni abuso di coscienza si porta dietro un’ultima insicurezza esistenziale proprio in relazione alla Verità che si vuole propugnare: siccome io non ho mai davvero fatto una strada che mi abbia permesso di cogliere tutta la portata di un dato consegnatomi dalla Tradizione, siccome per me essere erede non è mai diventato un’esperienza, cerco di imporre quel dato all’altro sperando — con questa imposizione — che esso si consolidi in me. In tal modo io ti uso per non stare di fronte a me, alle mie domande e alle mie inconsistenze: è molto più facile combattere una battaglia in campo aperto che nella propria anima. Lo sapevano bene i padri del deserto, che abbandonavano tutto per incontrare — nella solitudine — i propri demoni interiori e dar loro battaglia.

È l’assenza di questa passione al Vero, di questo ultimo amore a sé, che ci trasforma in mostri. Mostri di Stato, alfieri di una morale laica che non ammette contraddittorio. Mostri nella fede, alfieri di un “cristianismo” che si fa strada tra i dolori della gente per affermare, strumentalizzandoli, le proprie verità.

Eppure basterebbe ricordare la gioia che ogni genitore prova nel sentire per la prima volta un figlio parlare: la parola è un miracolo e non l’esito di una strategia, è frutto di una convivenza e non un addestramento, è il fiore di un rapporto e non l’esito di un ragionamento. Educare è l’avventura riservata a chi desidera scoprire il gusto dei tempi dell’altro, delle sue conquiste e delle sue sconfitte. Dimenticarlo significa condannare la Verità a non essere mai scoperta. A lasciarla lettera morta in qualche polveroso libro. Esortazione morale per chi ha solo paura di fare i conti con sé.

Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.