La Brexit è pronta ad entrare nel vivo, ma non senza polemiche. La premier Theresa May ha indetto le votazioni sull’accordo con l’UE per l’uscita, il prossimo 14 gennaio 2019, con le consultazioni che inizieranno il 7. Il governo britannico si è dato come tempo limite il 21 gennaio per far passare l’accordo, e di conseguenza non si potrà andare oltre quella data. Deluso il leader laburista Jeremy Corbyn, convinto che il deal passasse dalla House of Commons prima della chiusura natalizia, ma in tale modo la stessa May non avrebbe potuto continuare la raccolta di voti necessari appunto per far passare l’accordo con l’Unione. Nuove tensioni quindi in seno al governo britannico con lo stesso Corbyn che ha indetto una nuova mozione di sfiducia, questa volta nei confronti della May, che non farà cadere la stessa prima ministra in caso di esito negativo, ma che avrà semplicemente un significato politico. Intanto prosegue la grande incertezza in merito a quello che accadrà in Gran Bretagna dopo la Brexit, e sono molti gli scettici, a cominciare da Credit Suisse, che in base a quanto scritto dal Financial Times: «consiglia ai suoi clienti di spostare le loro attività fuori dal Regno Unito». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT: MOZIONE DI SFIDUCIA CONTRO LA MAY
La Premier May è sempre più nell’angolo anche se la mozione di sfiducia presentata dal leader Labour Jeremy Corbyn non sarà “vincolante” sotto il profilo legale: il n.1 laburista, come del resto già annunciato in precedenza, dopo il discorso tenuto quest’oggi sulla Brexit in Parlamento ha presentato una mozione di sfiducia contro la Premier Theresa May. Attenzione, non contro il Governo ma proprio contro il primo ministro britannico, il che non avrà reale valore legale ma solo forte simbolo politico: «Rimandare il voto sull’intesa per la Brexit a gennaio è inaccettabile». Di contro, la n.1 di Downing Street ha provato a dare rassicurazioni a chi l’ha attaccata finora senza in realtà riuscire – per ora – a spostare granché gli equilibri interni alla House of Commons: «non revocheremo l’articolo 50 perchè revocarlo vorrebbe dire restare nell’Unione europea». Gli incontri verso gennaio si faranno sempre più fitti e la speranza per la premier Tory è che la situazione di assoluta incertezza del no-deal potrebbe alla fine “costringere” i parlamentari ad accettare il suo voto di ratifica sulla Brexit.
“NO BACKSTOP”
Theresa May prova ad uscire dall’angolo dopo l’infruttuoso viaggio a Bruxelles per ottenere nuove concessioni in merito all’accordo raggiunto negli scorsi giorni sulla Brexit e la mozione di sfiducia in seno al partito conservatore, superato con un certo margine ma che ha creato oramai una frattura insanabile tra i suoi. Oggi la premier britannica ha ribadito alla Camera dei Comuni che il voto sull’accordo che era stato annullato con un colpo di spugna (forse per timore di una clamorosa sfiducia che avrebbe segnato la fine del suo Governo), si terrà l’anno nuovo e sicuramente a seguito della discussione che ripartirà il prossimo 7 gennaio: “Il voto ci sarà la settimana successiva” ha garantito la May che ha però voluto anche rassicurare sulla temuta eventualità dell’opzione di backstop che non sarà usata dagli altri Stati europei, citando tra l’altro lo stesso omologo francese, Emmanuel Macron, che si era espresso sulla questione. Porte chiuse, invece, a un secondo referendum dato che a detta del Primo Ministro inglese sarebbe solamente un tradimento della fiducia del popolo. (agg. di R. G. Flore)
LA MAY RIFERISCE IN PARLAMENTO
In questi minuti la Premier inglese Theresa May sta riferendo in Parlamento gli sviluppi sulla tema caldissimo della Brexit dopo la missione fallita al Consiglio Ue per tentare di di modificare il negoziato di divorzio dall’Unione Europea: l’accoglienza della Camera Bassa è stata altroché pesantissimo per la May, con “rumori” e anche insulti da entrambe le parti contro la sua leadership sempre più in bilico. La May durante la pausa di Natale cercherà di trovare più appoggi possibili, convincendoli che l’unica possibilità di rimanere “a galla” è proprio la ratifica della bozza di accordo siglato dalla Premier Uk con i 27 Paesi Ue: al momento il Parlamento assiste ad una scena incandescente con il Labour e i “falchi” tra i Tory che non le perdonano né il rinvio al voto di ratifica della scorsa settimana, né le “mani vuote” della May di ritorno dal Consiglio Ue.
BREXIT, MERCOLEDÌ MISURE UE PER EVENTUALE NO-DEAL
«No ad un secondo, nuovo referendum sulla Brexit, perché così tradiremmo i cittadini britannici»: questa anticipazione della BBC in merito al suo discorso viene confermata in questi minuti dalla stessa May impegnata a “convincere” i parlamentari di alcune conquiste ottenute dopo il dialogo-scontro con il Presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. «Il backstop mi è stato assicurato da Bruxelles sarà solo temporaneo e l’Unione Europea si è impegnata a ridurre le tempistiche dei vari accordi una volta ratificata la Brexit», ha spiegato una May sempre più accerchiata e meno sicura di poter giungere ad una conclusione positiva entro la fine gennaio (data limite per la risposta di Londra all’accordo di Brexit con la Commissione Europea). «L’Ue – ha detto la premier citando il collega Macron – mi ha assicurato che il backstop non sarà mai attivato. I miei colleghi europei non potrebbero essere più d’accordo con noi: non vogliono usare il backstop». Entro mercoledì l’Unione Europea dovrebbe presentare le varie misure davanti all’eventualità del no-deal; «Torneremo a discuterne il 7 gennaio e lo voteremo la settimana successiva», ha poi annunciato l’inquilina di Downing Street. Le opposizioni si organizzano e con il leader del partito Laburista Jeremy Corbyn, sono pronte a presentare una mozione di sfiducia contro Theresa May dopo la dichiarazione della premier alla Camera dei Comuni di questo pomeriggio. La situazione è tesissima e l’ipotesi di una conclusione positiva sono sempre più risicate..