Alcuni personaggi sembrano essersi accordati per modificare i rapporti interpersonali, mettendo le persone una contro l’altra. La novità sta nell’utilizzo degli strumenti; sarebbero passati dalle armi a un oggetto che sembra innocuo, addirittura ininfluente; invece, è riuscito a distruggere l’economia della Grecia.
Come ho evidenziato nell’articolo sulle modifiche normative che interessano le banche, l’attenzione si è spostata sui Paesi europei più indebitati e, in particolare, sull’Italia. Eppure rilevo che la Banca d’Italia, la cui proprietà appartiene principalmente a soggetti bancari di proprietà estera e quindi è essa stessa di proprietà straniera, non evidenzia che l’euro è stato costruito in una maniera subdola, cioè viene emesso soltanto attraverso operazioni di prestito.
Occorre fare una premessa. Le trattative per l’ingresso nell’euro hanno tenuto fuori la Banca d’Italia fino a quando non è stato necessario coinvolgerla in una politica di orientamento del cambio volta ad assicurare l’ingresso nella moneta unica europea, i cui disastri si erano già manifestati durante il periodo di utilizzo del suo antesignano, l’Ecu, e con il Serpente monetario, fallito miseramente. Proprio per questo alla Banca d’Italia fu impedito di esprimere pubblicamente il proprio pensiero tecnico. Peraltro, queste trattative non solo hanno riproposto l’Ecu, ma ne hanno aggravato le caratteristiche distorsive, consegnandoci l’euro.
L’euro, però, non è stato accettato da tutti i Paesi aderenti all’Unione europea, perché già all’atto della conversione avrebbe aggravato la posizione di tutti gli Stati aventi un debito pubblico elevato e una moneta caratterizzata da andamenti inflazionistici, capaci di compensare la naturale crescita del debito stesso e renderne virtuosa la crescita. Quindi già questo avrebbe dovuto sconsigliarne l’adozione.
Il dramma vissuto dalla Grecia e gli effetti ormai evidenti di una moneta emessa attraverso prestiti diretti della Banca centrale europea esclusivamente alle banche commerciali dovrebbero aver allarmato i competenti settori della Banca d’Italia per imporne i correttivi. Quali sono i correttivi imprescindibili?
Il primo è quello di reimmettere nei mercati dove gli interessi vengono percepiti lo stesso ammontare di euro incassato a tale titolo, senza però che ciò avvenga attraverso la concessione di prestiti. Questo dovrà avvenire a cura degli stessi organismi che in quei luoghi li prelevano. E’ l’unica possibilità che consente di garantire la solvibilità dei prestiti; altrimenti il sistema diverrà squilibrato, rarefacendo la quantità di denaro necessario al funzionamento del mercato locale e costringendo a contrarre nuovi prestiti.
Il secondo è che bisogna valutare i comportamenti degli Stati senza prescindere dalla valutazione dell’intero debito, sia quello pubblico che privato. In ogni caso, se una nazione si indebita, ed è stato stabilito di non superare un deficit di bilancio del 3%, analogamente se un’altra rimane creditrice anch’essa deve riequilibrare il proprio saldo, affinché vengano a un tempo facilitati e resi fluidi i riequilibri multilaterali.
Ebbene nessuno dei due correttivi è stato adottato. In queste condizioni, mi farebbe piacere che ci fosse una levata di scudi e iniziasse in tutta Europa una serrata protesta, perché se non si agisce sulla causa a nulla valgono i vari palliativi.
E nel nostro Paese cosa succede? La Banca d’Italia sembra impegnata a peggiorare le caratteristiche di questa moneta a danno dello Stato di cui porta il nome. Infatti, il 30 novembre scorso ha dato risalto al sistema dei pagamenti istantanei in moneta di banca centrale denominato Tips (Target Instant Payment Settlement), da lei stessa sviluppato e gestito per conto dell’Eurosistema. Tale sistema consente di sostituire il contante, ultimo baluardo alla miopia di un organo tecnico che ha perso quel ruolo di stimolo all’economia che prima contribuiva a perseguire per assicurare l’incremento dell’occupazione e della produzione. Oggi le interessa solo di garantire un basso tasso di inflazione e quindi la stabilità monetaria come se fosse la panacea per tutti i mali.
Se si arrivasse ad abolire il contante, si escluderebbero tutti coloro che non usano un cellulare e quindi a obbligare le “masse” non solo ad avere i conti con le banche, ma ad avere una connessione a internet e le relative società che svolgono questo servizio hanno il diritto di guadagnarci sopra. In questo modo chi svolge certe attività, peraltro soggette a concessione pubblica, viene privilegiato rispetto a tutti gli altri. Si tratta di progresso o di asservimento?
Senza contanti non si può comprare nè vendere, e ciò mi porta a ricordare un’antica profezia (Apocalisse 13,16-18): “Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei”.
Vien proprio da domandarsi: in questo sbandamento generale ci stiamo avvicinando alla fine dei tempi?