A fotografare il fenomeno è stato Il Sole 24 Ore: nei primi 11 mesi dell’anno dal settore degli hedge fund sono usciti 11,1 miliardi di dollari, più di quanto fosse entrato in totale nel 2017, e fino a metà dicembre 2018 – ed è il terzo anno consecutivo in cui si registra una diminuzione netta del numero di operatori – più di 580 fondi hedge hanno chiuso l’attività, restituendo i soldi alla propria clientela, mentre si sono registrate solo 552 nuove aperture. Come va interpretata questa tendenza? E soprattutto: una contrazione degli hedge fund è una notizia che deve far piacere ai risparmiatori o deve preoccuparli? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Magagnoli, analista tecnico e cofondatore di Financial Trend Analysis.
Chi sono i gestori di hedge fund?
Sono money manager molto esperti e sofisticati, capaci di sfruttare opportunità di guadagno precluse ai fondi tradizionali, vuoi per vincoli di regolamento, vuoi per tipologia di clientela, che nel caso dei fondi hedge è più disposta ad accettare maggiori rischi, ovviamente a fronte della prospettiva di maggiori guadagni.
Negli ultimi anni quanto hanno pagato le strategie spregiudicate?
Direi che non hanno pagato, tanto che molti fondi hedge hanno riportato risultati negativi o molto negativi. Il Wall Street Journal, per esempio, cita i casi di Cerrano Capital LLC, chiuso dopo neanche un anno di attività, o di Greenlight Capital, un vero e proprio colosso, le cui performance sono del tutto deludenti.
Per quale motivo?
L’andamento ribassista del Nasdaq, terreno di caccia tipico degli hedge, a ottobre e novembre, non ha certo aiutato questi fondi speculativi, che in molti casi avevano già avviato strategie ribassiste prima del calo dell’indice senza riuscire quindi a beneficiarne appieno. In generale, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, i gestori dei fondi hedge sono stati danneggiati dall’alleggerimento quantitativo per via dei bassi tassi d’interesse e del fatto che la Borsa è salita in modo deciso, tanto da non giustificare le profumate commissioni che si fanno pagare i fondi hedge, che per cercare di battere il mercato spesso hanno invece ottenuto risultati opposti, deludendo le attese e perdendo clienti.
E ora che cosa potrebbe succedere?
Ora che da parte della Fed e della Bce è finito il periodo di vacche grasse del denaro a costo zero, il mercato si prepara a una robusta correzione, un vero e proprio terremoto finanziario, del quale la recente inversione della curva dei tassi Usa, anche se solo su determinate scadenze, è il primo indizio.
Con quali effetti sui fondi hedge?
La contrazione del mercato dei fondi speculativi potrebbe interrompersi se le Borse effettivamente andassero incontro a una robusta correzione, che renderebbe poco profittevole la gestione passiva, come l’acquisto di semplici Etf, rendendo nuovamente necessario l’intervento di gestori veramente abili. E’ evidente che con il fiume di denaro in ingresso sempre più prosciugato anche il numero di nuovi operatori si è decisamente ridotto.
Vale la pena, quindi, seguire l’andamento del settore degli hedge?
Dal successo o meno degli hedge si potrebbero ricavare indicazioni sull’andamento prospettico delle Borse, con una correlazione inversa: una ripresa del comparto, sia in termini numerici sia di capitale gestito, indicherebbe che l’investitore privato non è più in grado di ottenere risultati soddisfacenti con il fai-da-te, e questo potrebbe implicare l’inizio di una stagione difficile per i mercati finanziari.
Sta dicendo che più che del calo attuale degli hedge, gli investitori dovranno preoccuparsi della loro ripartenza?
E’ proprio così.
(Marco Biscella)