Il 2018 che sta per concludersi sarà ricordato come annus horribilis per i mercati finanziari: tutte le principali “asset class” di investimento a livello globale, dalle azioni ai bond, dall’oro ai private equity, sono finite in rosso. Le azioni (indice Msci World) perdono il 5%, le obbligazioni (indice Jp Morgan Gbi global) il 3%. Il petrolio (qualità Brent) è in calo del 10%. E anche il bene rifugio per eccellenza, l’oro, è calato rispetto a inizio anno al -5%. Una miscela esplosiva così non si vedeva da almeno 30 anni, era semplicemente impensabile ipotizzare di registrare un andamento simultaneo di tutte le principali class di investimento al ribasso.
Quasi il 90% delle “asset class” ha generato perdite nel 2018, situazione addirittura peggiore degli anni 2008 e 2011. Esiste solo una flebile speranza per un leggero recupero a fine anno, speranza divisa in due punti: 1) il primo che le banche centrali, la Fed e la Bce in primis, facciano intendere pubblicamente di essere pronte a rivedere le proprie politiche in maniera più elastica e accomodante; 2) che lo scontro sui dazi su Usa e Cina abbia fine.
In un siffatto scenario politico-economico, il portafoglio di un investimento dovrà seguire la più classica delle diversificazioni tenendo conto però che ciò ha bisogno di tempo per poter funzionare al meglio. Preferisco privilegiare i settori che potranno usufruire e beneficiare dell’espansione demografica e della nuova innovazione tecnologica. L’asset allocation sarà sempre più importante e determinante dello stock picking per i prossimi anni, e quindi il focus degli investitori dovrà essere concentrato sulla costruzione di portafogli diversificati piuttosto che su una mera selezione di singoli titoli.
A ciò si unisce anche uno scenario politico che oggi rileva un peso molto più importante che in passato e quindi nell’attuale fase di normalizzazione della politica monetaria mondiale la diversificazione, come detto, abbisogna di più tempo per dimostrare la propria efficacia. Nel dettaglio l’innovazione digitale è il driver principale sulla quale si dovrebbero basare le proprie strategie di investimento per i prossimi anni, come ad esempio per l’Healtcare. Proprio per i settori Healtcare e Biotech, bisognerà investire seguendo i big trend di mercato, quali ad esempio l’espansione demografica.
Nel 2050 la popolazione mondiale si stima sarà di 9,7 miliardi di persone e con le aspettative di vita sempre in aumento, secondo me, saranno favoriti i settori biotech e farmaceutico. Soprattutto quest’ultimo, nel lungo periodo, è correlato con un ciclo produttivo che guarda al futuro della popolazione mondiale e quindi investire oggi su questo comparto potrebbe essere una scelta corretta e appropriata. Ai singoli piccoli risparmiatori, invece, consiglierei di posizionarsi su titoli di Stato di buona e consolidata qualità, con scadenze medie dai tre ai cinque anni, ciò perché gli Stati emittenti potrebbero sempre beneficiare di un appoggio delle Banche centrali.