Sono state rese note le motivazioni della Corte d’Appello di Milano in merito alla conferma dell’assoluzione per Fabrizio Corona dall’accusa principale per la nota vicenda dei soldi nascosti nel controsoffitto e in parte rinvenuti in una cassetta di sicurezza in Austria, per un totale di 2,6 milioni di euro. Secondo i giudici, l’ex re dei paparazzi non avrebbe nascosto quel denaro per eludere il fisco (anche se i soldi sono certamente guadagnati in nero) bensì un sistema per evitare i furti in casa. In questo modo la Corte milanese ha motivato la conferma dell’assoluzione per l’imputazione di intestazione fittizia di beni per Corona e che rappresentava a tutti gli effetti la principale accusa nel processo che lo vedeva imputato. Secondo quanto spiegato dai giudici – riferisce Repubblica.it – “il deposito in un’abitazione privata” di soldi in contanti deposito “reso occulto per ragioni attinenti la necessità di prevenire sottrazioni”, ossia solo per evitare che quel denaro venisse rubato, non costituisce intestazione fittizia di beni. Stesso discorso per le “somme custodite in cassette di sicurezza” in Austria. Con la sua decisione, lo scorso settembre la Corte aveva ridotto da 1 anno a 6 mesi la pena per Fabrizio Corona, concedendogli un’attenuante per aver saldato il debito.
FABRIZIO CORONA, MOTIVAZIONI CORTE D’APPELLO
Sempre nelle motivazioni della sentenza, la Corte ha confermato che quei soldi rappresentavano effettivamente i “proventi in nero delle attività lavorative” di Fabrizio Corona. Il difensore dell’ex re dei paparazzicorona, avvocato Ivano Chiesa, ha commentato: “16 mesi di carcere per Fabrizio e 7 per Francesca Persi, senza motivo: adesso spero che la procura di Milano non insista oltre: bisogna saper perdere. Non c’è mai stata nessuna intestazione fittizia, era solo un problema fiscale, sanato con il pagamento delle tasse”. La sentenza, secondo quanto riferito dall’avvocato Chiesa, dunque, ha confermato “che i soldi erano leciti e frutto del lavoro di Corona e delle società”. Tre mesi fa erano stati i giudici dell’Appello a confermare l’impianto della sentenza di primo grado emessa nel giugno dello scorso anno che aveva già allora spazzato via le accuse principali di intestazione fittizia di beni e violazione delle norme patrimoniali sulle misure di prevenzione, contestate dalla Dda su quei soldi ritrovati in parte nel controsoffitto dell’appartamento dell’amica Francesca Persi e in parte in Austria. Corona fu condannato a un anno di reclusione ma solo per un illecito fiscale su una cartella esattoriale non pagata.