Dov’è Cesare Battisti? È la prima domanda che viene posta in questi giorni a Igor Sant’Anna Tamasauskas, avvocato dell’ex terrorista in fuga in Brasile, per il quale l’Italia ha chiesto l’estradizione. Ma il legale 42enne dichiara di non saperlo e che non sarà facile neppure per lui riuscire a capirlo. Una cosa però può farla: immaginare cosa gli sta passando per la testa in queste ore. «Non si consegnerà. Mai. Non darà alcun vantaggio alla polizia che gli dà la caccia. Non farà l’errore di farsi individuare con una mail, un sms o un whatsapp», ha dichiarato nell’intervista concessa a La Repubblica. Del resto Cesare Battisti non ha scelta. Si profila dunque per il suo avvocato una storia lunga e di cui non riesce a immaginare l’epilogo. Ma ricorda come è cominciata. Lo ha sentito prima che tutto precipitasse. «Mi aveva chiamato perché dovevamo discutere dell’inchiesta in corso in cui è indagato per esportazione illegale di valuta». Nessuno dei due, a quanto pare, aveva alcuna percezione del fatto che Luiz Fux, giudice del Tribunale Supremo, si stava preparando a firmare l’ordine di arresto.
“CESARE BATTISTI NON SI CONSEGNERÀ MAI”
Dopo aver saputo dell’ordine di arresto, Igor Tamasauskas ha provato a contattare Cesare Battisti sul cellulare, attraverso WhatsApp e pure via mail. Sempre senza successo. «Aveva staccato tutto. E quando provai con i suoi amici ebbi la stessa risposta. Aveva interrotto ogni contatto». Allora l’avvocato dell’ex terrorista italiano ha redatto il testo del nuovo ricorso che ha presentato il giorno successivo. Non ritiene normale e accettabile quella fuga di notizie, aver saputo dell’ordine d’arresto dai media. Ma non è stata affatto casuale per lui. «Il Brasile ha messo fine a una partita politica delicata con l’Italia, capovolgendo la decisione di Lula, e Battisti è stato messo nelle condizioni di non doverne pagare il prezzo lasciandogli la possibilità di fuggire, come ha fatto». Tamasauskas nell’intervista a La Repubblica ha precisato che Cesare Battisti non lo ha mai pagato per la sua difesa. «Nel 2013 decisi di assisterlo pro bono. Era una scommessa su quello che questo caso rappresentava per il Brasile. E dunque che sarei stato ripagato su un altro piano, come è stato». Ora comunque non sa come si uscirà da questa situazione di stallo.