Un’allegoria moderna descritta da un economista e autore di valore, come José Luis Sampedro, è stata ripubblicata alla fine del 2017 in Spagna in una pregevole edizione illustrata a ben 34 anni di distanza dalla sua prima uscita nel numero inaugurale della Revista de Estudios Andaluces.
Sampedro illustrava ai giovani lettori universitari della nuova rivista un concetto apparentemente ovvio, cioè che “l’economia è una scienza sociale”. Tuttavia, aggiungeva subito che questa verità elementare con l’andare del tempo è stata dimenticata dai più famosi economisti, a cominciare da vari premi Nobel. Perciò egli si proponeva di ricordare a questi studiosi e intendeva ribadire ai più giovani che la conoscenza economica privata dell’approccio sociale si riduce a una risorsa meramente strumentale, nella condizione rassicurante di una disciplina simile alla fisica o alle scienze naturali, i cui metodi, però, sono inadeguati per comprendere la realtà umana.
I fautori dell’economia chiamata “positiva” sembrano dimenticare, infatti, che una macchina differisce inevitabilmente da un animale e ambedue da una società. Di una tale questione, rilevante per la filosofia della conoscenza nel campo delle scienze sociali come per quello della teoria economica, non si trova traccia nei manuali convenzionali. Eppure, il metodo di analisi deve essere attinente alla natura di un oggetto di studio. Da qui nasce l’esigenza di evidenziare la differenza fondamentale tra “un orologio, un gatto e il Madagascar”. Mentre l’orologio può essere smontato e rimontato, mettendolo nuovamente in funzione, se si fa una completa dissezione di un gatto, per sua sfortuna, non sarà possibile dargli nuova vita. In quanto al Madagascar, l’idea di smontarlo non ha alcun senso e non è proponibile. Esistono, infatti, strutture differenti, a seconda dell’appartenenza al sistema meccanico, biologico o sociale: non si possono impiegare gli stessi strumenti per investigarle.
Nonostante questa semplice constatazione, vi sono economisti che pensano di studiare la realtà sociale con mezzi concettuali adatti unicamente a esaminare i complessi meccanici o, in qualche misura, quelli biologici. L’errore diventa ancora più serio quando si passa all’analisi dei processi economici, con significative differenze nella dinamica dei tre sistemi: “In effetti, l’orologio non cambia nel corso del tempo; i suoi movimenti interni si ripetono in modo monotono. Il gatto si trasforma, ma in un processo programmato di cui conosciamo le linee generali: nascita, crescita, decadimento e morte. D’altra parte, le società variano in modo imprevedibile, perché si trasformano autonomamente. Gli esseri umani sono fatti della società in cui sono nati, ma sono anche i creatori di quella che lasciano. Pensare che lo sviluppo sociale possa essere compreso riducendolo al funzionamento meccanico dell’orologio o alla traiettoria di vita del gatto è un’assurdità”.
Secondo Sampedro, le due principali motivazioni di questa forma estrema di astrazione dalla realtà sono l’attrazione intellettuale dei metodi matematici, che danno all’economista la sensazione confortevole di plasmare verità, e la razionalizzazione di un “sistema sociale di mercato”, che è vantaggioso per i poteri costituiti. In questo modo, “si ‘dimostra’ che il libero mercato conduce automaticamente all’allocazione ottimale delle risorse, il che non sarebbe vero neppure nell’ipotesi della concorrenza perfetta (mai verificata nella realtà, né verificabile), poiché, come ha scritto […] Samuelson, l’aggiustamento dell’offerta e della domanda può comportare che i ricchi abbiano latte per i propri gatti, mentre i poveri non possano comprarlo per i propri figli”.
A questo punto, José Luis Sampedro si scagliava con veemenza contro il credo del neoliberismo, incarnato da Milton Friedman e dai suoi seguaci, pur precisando che la sua contrarietà al sistema di mercato non era in termini assoluti, ma come frutto di un “anacronismo storico”, dato che in altre epoche, come quella successiva al feudalesimo, il mercato aveva contribuito alla liberazione di “nuove forze creative”, legittimando il potere del denaro contro quello della rendita agraria. Tuttavia, la difesa incondizionata da parte degli economisti convenzionali della struttura di mercato come “ordine” naturale permanente, caratteristico di una società “ottimale”, è priva di senso e manca della visione storica necessaria per interpretare correttamente la realtà sociale. In questo quadro, l’allontanamento del modello teorico di tipo mainstream dai problemi reali è dovuto all’impiego di verità parziali come se fossero assolute, ovvero alla riduzione della complessità delle relazioni umane in Madagascar, al funzionamento dell’orologio o, al massimo, alla vita del gatto.
Secondo Sampedro, l’alternativa all’economia convenzionale si può ritrovare in un’analisi strutturale che non si limiti all’uso di strumenti quantitativi, ma faccia ricorso anche a una visione storica – diversa dallo storicismo dogmatico e “supportata dal passato, ma reinterpretata verso il futuro” – per comprendere i processi di cambiamento sociale e affrontare i temi dello sviluppo economico. Infatti, una teoria economica aggiornata dovrebbe mettere in correlazione due livelli, “tecnico-economico e socio-politico […], senza i quali è impossibile affrontare il problema di un nuovo sviluppo” e gli economisti “che non vogliono restare indietro, dovrebbero allontanarsi dai modelli convenzionali”, per combinare tutte le tecniche quantitative (econometria, statistica, informatica) con la comprensione storica.
Il limite di questa impostazione sta nel fatto che non si può prevedere la reazione esatta di un comportamento collettivo. Tuttavia, questa difficoltà riguarda l’oggetto dell’analisi, il sistema sociale, che non può essere osservato come se fosse un orologio o un gatto. Si tratta di un metodo sicuramente meno preciso, rapido ed elegante di quello convenzionale, ma che permette di progredire “verso la conoscenza del cambiamento sociale per contribuire ad esso” e di spostarsi “verso il futuro”, unendo “le forze profonde della storia”.
Con questa descrizione, l’autore spagnolo – in un’epoca difficile per la prevalenza indiscussa di un orientamento neoliberista – affrontava coraggiosamente il tema della teoria economica e della sua corrispondenza con i fatti, indicando il trilemma delle componenti della struttura collettiva (materiali, istituzionali e assiologiche) come un aspetto fondamentale per l’apertura a una nuova visione del mondo. Il suo racconto si affidava alla metafora dell’orologio, del gatto e del Madagascar per sostenere la necessità di una concettualizzazione dell’economia rispondente alla logica dei tempi, al suo carattere di scienza sociale e alla possibilità di effettuare analisi e previsioni legate agli eventi reali. Quelle previsioni che l’economia dominante non è stata in grado di produrre nel momento topico che preludeva alla grande crisi economica del 2007-2014.
La riedizione del 2017 in Spagna di questo saggio scritto in forma didascalica e incisiva non è solo il tributo a una personalità originale ed eterodossa, ma rappresenta anche la dimensione attuale di un dibattito che non si è concluso e che affida alla metodologia storico-economica, con le sue caratteristiche diacroniche e diatopiche, un compito importante: contribuire al rinnovamento delle scienze sociali e alla ripresa di contatto con la realtà della teoria economica, strumento indispensabile per la comprensione del mondo attuale e per la indicazione di quello del futuro.