Le scuole stanno utilizzando su Sidi (Sistema informativo dell’istruzione) un nuovo strumento predisposto dal Miur, sulla base di una sperimentazione svolta dai 28 ambiti della Regione Campania lo scorso anno scolastico, per la predisposizione del Ptof e avranno tempo fino all’inizio delle iscrizioni all’anno scolastico 2019/20. Non si tratta dell’ennesima “novità” i cui esiti sono destinati a portare frutto in un tempo al di là da venire. Innanzitutto l’utilizzo dello strumento è del tutto volontaria e, si sa, quando una proposta è libera, chi aderisce lo fa perché desidera mettersi in gioco per uno scopo che riconosce significativo e, comunque, “l’uomo s’impegna maggiormente quando prova con soddisfazione a svolgere un compito con competenza” (White).
Ma c’è di più. Questo strumento è, anche, l’esito di un percorso di riflessione della scuola italiana su se stessa che si sta svolgendo con il supporto del Servizio nazionale di valutazione, il quale, ottemperando al suo compito istituzionale, può contare su “gente” appassionata. La logica riflessiva è alla base di tale percorso. Esso ha la finalità di rendere maggiormente consapevoli le scuole e i suoi protagonisti che ciò che si fa ha un fine (far crescere, istruire e educare le giovani generazioni) e postula una strada, “collegiale”, decisa insieme, condivisa e poi percorsa. Magari piccola, semplice, ma “pensata” da chi deve percorrerla e ne porta la responsabilità, per sé e per coloro che camminano insieme.
Anche nello specifico del Ptof si tratta di avvalersi della logica di sistema che utilizza gli strumenti come specchi per rendere più chiara, nell’ottica dell’impatto sociale, l’offerta formativa delle scuole.
A raccontare questa storia tornano particolarmente utili le citazioni (e le immagini) che l’Snv utilizza sul suo sito istituzionale. Esse innanzitutto aiutano a riflettere sulla differenza che esiste tra misurare e valutare: “Solo ciò che è misurabile è migliorabile” (T.S. Kuhn) cui fa da contraltare, subito, la citazione di Albert Einstein “Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato”.
Viene subito in mente che, quando si tratta di scuola e di alunni e di ciò che apprendono e degli esiti che dovrebbero raggiungere, le due dimensioni, del misurare e del valutare, non sono in se stesse singolarmente esaustive ma hanno necessità di integrarsi attraverso una riflessione attenta non solo dei singoli ma di tutta la comunità. Par di vedere, allora, la “gente di scuola” rivolgersi agli “interlocutori ministeriali” e dir con Dante: “Or tu chi se’, che vuo’ sedere a scranna, per giudicar di lungi mille miglia con la veduta corta d’una spanna?” (Paradiso, XIX, 79-81). Ed essi rispondere che una valutazione accorta si fa con dati di fatto… ma la “gente di scuola” ribatte, con Pirandello: “Dati di fatto, dite voi. E vorreste desumerne la mia realtà? Ma questi stessi dati che per sé non dicono nulla, credete che importino una valutazione uguale per tutti? E quand’anche mi rappresentassero intero e preciso, dove mi rappresenterebbero? In quale realtà?” (Uno, nessuno e centomila). Giusto, verrebbe da dire. Ma anche no. Perché, continua la storia, “La scuola non sempre dispone di strumenti per riflettersi e riflettere su se stessa […] Dove sono i nostri specchi?” (E. W. Eisner, The Educational Imagination).
Ecco, dunque, il Rav, il Pdm e, oggi, il nuovo Ptof vogliono essere questi specchi, questi strumenti. Perché utilizzare gli stessi strumenti consente di effettuare quella “mossa riflessiva” – per dirla con Cerini – che si gioca nella partita di un sistema scolastico, il nostro, che vuole uscire dalla parcellizzazione e dalla solitudine per “narrarsi” al mondo. Per dare consapevolezza al suo agire.
C’è di più. Se, nella scuola, sono le persone ad agire e a narrare, esse narrano ed agiscono “con” e “per” le persone, non per il sistema. Con ogni evidenza, una bella impresa.