La Presidente di Taiwan ha voluto rispondere per le rime all’ultimatum-minaccia del Presidente cinese e con un “controdiscorso” ha richiesto ferma volontà della popolazione taiwanese verso la democrazia e l’indipendenza, anche contro chi – come la Cina – vuole un’annessione a tutti i costi. Mentre infiamma la polemica e lo scontro commerciale (non certo da oggi), le frecciate di Pechino verso gli Stati Uniti vengono raddoppiate: dopo Xi Jinping, è il Ministro degli Esteri del Paese comunista Lu Kang ad affermare che «lo status di Taiwan è una questione di politica interna e che la Cina non tollererà interferenze da parte di altri Paesi». Non solo, il diplomatico cinese ha criticato la «Proposta di legge 2018 per la sicurezza in Asia”, non legalmente vincolante, ma che prevede il rafforzamento di scambi istituzionali e di rapporti militari tra Stati Uniti e Taiwan» passata di recente dall’Amministrazione Trump. Lu Kang ha dunque espresso forte insoddisfazione e decisa opposizione alla firma di questo documento, come riporta il portale CriOnline. Il portavoce di Pechino ha infine esortato gli Usa ad «attenersi scrupolosamente al principio di una sola Cina”, a quanto stabilito nei tre comunicati congiunti, a non rendere operativi i contenuti della proposta di legge e a trattare la questione di Taiwan con prudenza».
CINA “AVVISA” TAIWAN
Non parla spesso e quando lo fa è perentorio e suona quasi sempre come un ultimatum: il Presidente della Cina, Xi Jinping, parla alla nazione il primo giorno dell’anno e annuncia misure estreme contro gli indipendentisti di Taiwan, intenzionato più che mai a riunificare la “provincia ribelle” già in questo anno dopo le diverse minacce passate e i lunghi sforzi “diplomatici” tra Pechino e Taipei. «Taiwan deve essere riunita alla Cina», spiega Xi Jinping nel discorso solenne della Grande Sala del Popolo, la sede del parlamento cinese; per farlo, sottolinea il Presidente, non sarà escluso l’uso della forza, se necessario. Pechino vuole infatti una riunificazione pacifica ma non intende per questo lasciare spazio «ad alcuna attività separatista»: alla Cina, Xi Jinping ha voluto così spiegare cosa intende approntare nei prossimi mesi lasciando più di un “messaggio” anche alla comunità internazionale, in particolar modo agli Stati Uniti di Donald Trump.
LA MINACCIA E L’ULTIMATUM
«I cinesi non combattono i cinesi», attacca Xi Jinping ancora nel discorso solenne alla nazione, «non promettiamo di rinunciare all’uso della forza e ci riserviamo l’opzione di adottare tutti i mezzi necessari»: sin dalla nascita nel 1949 la Cina considera Taiwan una provincia ribelle ma comunque cinese e per questo Pechino intima tutti i propri partner commerciali rompere costantemente le relazioni con Taipei. Nel discorso di Capodanno, il Presidente Xi Jinping ha poi concluso lanciando la “frecciatina” agli Usa e alla Comunità internazionale, quando spiega «La questione di Taiwan è un affare interno cinese e non saranno permesse interferenze esterne». Di contro, l’omologo di Xi a Taipei (la presidente Tsai Ing-Wen) ha dichiarato il primo giorno del 2019 come «il mio Paese non intende rinunciare alla sua sovranità o fare concessioni sulla propria autonomia».