Se qualcuno vorrà predire quante auto verranno vendute nel 2019, sappiate che si sta esibendo in un puro esercizio vocale, senza nessun fondamento. In Italia, in Europa e nel mondo ci sono troppi punti di domanda che possono incidere sul mercato e le risposte, almeno per ora, latitano. In una situazione di totale incertezza come questa sappiamo che le vendite, di solito, rallentano, ma non è detto che la situazione si stabilizzi (speriamo…) e nessuno sa, in coscienza, dire di quanto diminuiranno negli scenari peggiori.
In Italia la fine dell’anno è stata fiacca con un mercato che è calato del 3,1% rispetto al 2017 e un costruttore nazionale, Fca, che ha perso molto di più (10,37%), salvandosi da un risultato ancora peggiore solo grazie al boom di Jeep (+70,77%). La colpa, dicono, è delle nuove norme sulle emissioni che hanno rallentato le consegne negli ultimi mesi e in parte è vero. Ma altri costruttori, come Volkswagen (+7,24%), hanno comunque venduto di più e quindi questa più che una giustificazione è un’ammissione di colpa per non essere riusciti ad affrontare velocemente le nuove omologazioni.
Per il resto, non c’è nulla di nuovo sotto il sole italiano: sette auto vendute su dieci sono diesel, le ibride riescono a sfondare la quota di un punto percentuale (1,7% delle auto vendute), mentre quelle elettriche rimangono con quote simili a prefissi telefonici (0,3%). Le auto a impatto zero immatricolate nel 2018 hanno superato i 5 mila veicoli (esattamente 5.010), un numero stranamente simile a quello del totale delle auto del segmento F, quello che comprende i top di gamma dei segmenti premium come la Bmw Serie 7, la Porsche Panamera e la Ferrari 488. Non ci sono ancora dati precisi, ma se andassimo poi a vedere a chi sono state vendute queste auto elettriche scopriremmo che la maggior parte sono finite ad abbellire le flotte di grandi imprese che in questo modo cercano di migliorare la propria immagine e il proprio bilancio sociale azi.
I provvedimenti decisi dal Governo, ecobonus e tasse sulle auto più inquinanti, raggiungeranno lo straordinario risultato di riuscire a vendere qualche auto elettrica in più e alcune auto costose in meno. Per il bilancio dello Stato non è una buona notizia e non lo è neanche per le case automobilistiche perché i maggiori guadagni li fanno, naturalmente, con le auto più costose.
Se quest’anno in Italia si venderanno meno di due milioni di vetture, anche in Europa le cose non andranno meglio. L’Inghilterra non ha ancora deciso come se ne andrà dall’Unione europea e qualsiasi cosa accadrà a marzo ci si aspetta per lo meno un rallentamento delle vendite di auto per l’incertezza e per le difficoltà di consegna. In Francia, la questione portata in piazza dai gilet gialli non è ancora stata risolta e, come già dimostrato dal calo delle immatricolazioni in dicembre (-15%), la faccenda non è di poco conto. In Germania le cose vanno meglio, ma anche da quelle parti la confusione regna sovrana tra divieti alla circolazione, tentativi di mettere dei retrofit alle auto fuorilegge, episodi di autolesionismo economico, arresti di manager di prima fila.
Negli Stati Uniti i possibili dazi sulle auto importate e il rallentamento dell’economia mondiale fanno dire all’associazione dei concessionari americani che le vendite caleranno del 2%, ma le vere brutte notizie potrebbero arrivare dalla Cina, il più grande mercato mondiale. Da quelle parte molti costruttori riuscivano, fino a qualche mese fa, a chiudere bilanci lusinghieri, fare i numeri delle vendite globali e mettere insieme margini consistenti. Per la prima volta in 30 anni, però, nel 2018 si sono vendute meno auto rispetto all’anno precedente e non sono previste nel 2019 incentivazioni che potrebbero ribaltare la situazione.
Le prospettive per il settore automotive a livello globale non sono delle migliori, ma sarebbe tutto ordinaria amministrazione per un settore ciclico, se alle incertezze economiche e geopolitiche non si sommassero quelle legate alle motorizzazioni, alle varie legislazioni locali, alle emissioni, ai nuovi concorrenti, alle nuove tecnologie. Non sarà un anno facile per il settore. E forse non lo saranno neanche quelli che verranno dopo.