E’ vissuta da sola ed è morta da sola. La sua salma è rimasta per un mese all’obitorio; nessuno l’ha reclamata, né parenti, né amici. Il Comune di Milano ha organizzato un funerale a sue spese e il giorno della cerimonia era nuovamente sola. Raffaela Donvito aveva 79 anni; da decenni abitava in un palazzo di via Lulli. Donna di gran cuore, raccontano i vicini, ma avara di notizie su sé stessa. Da parecchio tempo si era ritirata in casa e non voleva che nessuno la avvicinasse. La sua morte dicono che si porti dietro un qualche mistero; lei morta in apparente stato di indigenza, pare fosse erede di un grosso patrimonio immobiliare lasciato dal compagno deceduto più di vent’anni fa.
Anche se fosse vero, Raffaela ha vissuto gli ultimi mesi della sua vita in uno stato di debilitazione sempre più grave. Probabilmente malata non aveva voluto vedere nessun medico, ha rifiutato qualsiasi aiuto. Semplicemente si è lasciata morire. Adesso i vicini di casa stanno cercando di rintracciare gli eredi a cui andranno le due società immobiliari e vari terreni disseminati in mezza Lombardia.
Ma lasciamo perdere eredità ed eredi perché in realtà attorno alla morte di Raffaela non c’è nessun mistero. Questa donna è morta in solitudine, questa è l’unica notizia. Che fosse ricca o indigente poco importa; accanto a lei non c’era nessuno negli ultimi attimi della sua vita. A chi la interrogava sul suo passato aveva sempre detto di non avere parenti in Italia, solo una lontana cugina negli Stati Uniti Quando è morta la curiosità della gente, di chi la conosceva, si è scatenata nel tentativo di capire l’effettiva esistenza di un patrimonio ed eventualmente di un testamento. Ma nessuno si è semplicemente chiesto perché una donna di 79 anni sceglie la solitudine, perché coscientemente sceglie di morire da sola. Questo è il vero mistero che solo l’abbraccio di chi l’ha accolta dopo la morte potrà svelare.
Negli ultimi cinque anni a Milano più di mille persone sono morte in solitudine. Le loro salme, così come quella di Raffaela, non sono state reclamate da nessuno. Si tratta di indigenti e di persone che non avevano nessuno al mondo, né parenti né amici. E quante migliaia di altri uomini e donne vivono da soli nei quartieri anonimi delle nostre metropoli? Le loro storie, le loro vite, così come quella di Raffaela sono una domanda ed una provocazione alla nostra colpevole indifferenza.