FLAT TAX ALL’ESAME DEL MERCATO
La manovra ha introdotto una flat tax del 15%, ampliando di fatto il regime fiscale già esistente per alcune partite Iva. Secondo quanto scritto da Mario Damiani in un articolo riportato sul sito di Ipsoa, la misura potrebbe provocare delle distorsioni sulle dinamiche di mercato, in particolare quanti possono contare su questo regime sarebbero favoriti rispetto a concorrenti che invece sono sottoposti a normale imposizione fiscale. Risulterà anche meno convenienti avere società e associazioni professionali: scindendosi, i singoli soci riusciranno infatti a pagare meno tasse e quindi ad avere più soldi in tasca. Le imprese individuali, infatti, a parità di ricavi risulteranno più convenienti delle società. Secondo il Professore di Diritto tributario, si rischia anche di incentivare pratiche elusive dei ricavi per non superare la soglia che non darebbe più diritto all’aliquota agevolata.
GLI EFFETTI SUL LAVORO
Secondo invece quanto già segnalato su queste pagine da Daniel Zanda, un “effetto collaterale” della flat tax introdotto con la manovra è quello di incentivare l’utilizzo di collaboratori anziché lavoratori dipendenti per svolgere alcune attività. Anzi, potrebbero essere gli stessi collaboratori a preferire la partita Iva al contratto di lavoro, visto che pagherebbero minori tasse. Il datore di lavoro potrebbe anche risparmiare, visto che avrebbe un costo del lavoro più basso e non avrebbe nemmeno il “vincolo” rappresentato da un rapporto stabile con il lavoratore. Tuttavia sul piano dei diritti è ovvio che chi presta lavoro con la partita Iva non avrebbe lo stesso trattamento di un lavoratore dipendente, anche se con contratto a termine o di somministrazione.