Dopo la prima udienza del processo d’Appello sulla morte di Marco Vannini, la trasmissione La vita in diretta ha dedicato ampio spazio al commento di quanto accaduto ieri in aula, dove l’accusa ha chiesto 14 anni per la famiglia Ciontoli con l’accusa di omicidio volontario. Ai microfoni del programma, la madre del giovane ucciso, Marina: “Me lo hanno lasciato morire con urla disumane”, sono state le prime parole al termine della dolorosa udienza di ieri. La donna ha spiegato come è stato il nuovo Natale senza Marco: “L’ho passato in famiglia con mio marito e i miei familiari, andando a trovare Marco e dicendogli che dopo Natale avremmo iniziato a lottare e giurandogli che prima o poi verrà fuori la verità”. Marina non ha dubbi: “Marco si poteva salvare e loro non hanno fatto niente, niente… non hanno mosso niente per salvare mio figlio, hanno soltanto mentito spudoratamente”. Se infatti di quanto accaduto prima dell’arrivo del ragazzo in ospedale la donna non ha purtroppo nessuna certezza, sa esattamente però quanto accaduto dopo il loro arrivo: “loro con me so per certo che hanno mentito”. Quindi ha aggiunto: “Io li avrei perdonati se mi avessero detto subito la verità, se avessero chiamato avrei portato io mio figlio all’ospedale”. A parlare anche papà Valerio: “Nessuno ha dato priorità alla vita di Marco, a Marco che gridava e a Marco che soffriva”, ha commentato ai microfoni del programma di Raiuno. E sulle parole di Federico in aula: “Ho un sentimento di pena per quanto è squallido come persona”, ha concluso Marina. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
“È OMICIDIO VOLONTARIO”
Il sostituto Procuratore generale della Corte d’Appello di Roma ha chiesto la conferma della pena per Antonio Ciontoli a 14 anni, mentre per Martina, Federico e Maria Pezzillo viene ha di nuovo chiesto la condanna a 14 anni di carcere riconoscendo l’omicidio volontario. Prima di terminare la requisitoria ha spiegato che «è impossibile che in un’ora i familiari non si siano parlati. C’è troppo coinvolgimento. Non avere consapevolezza di quanto accaduto in quelle condizioni, appare assurdo». Invece è stata confermata l’assoluzione per Viola Giorgini. Il procuratore aveva sottolineato anche come «il dolo eventuale scatti anche prima di chiamare i soccorsi, se lo scopo è di tenere i fatti nascosti». L’avvocato Coppi della parte civile ha ribadito che «Antonio Ciontoli si è preoccupato solo del posto di lavoro, non della vita di Marco Vannini». Il dibattimento, come riportato da TerzoBinario, si è chiuso con un rinvio al 29 gennaio quando prenderanno la parola i legali della difesa: è probabile che la corte emetta subito anche la sentenza. (agg. di Silvana Palazzo)
OMICIDIO MARCO VANNINI, AL VIA PROCESSO APPELLO
È cominciata oggi la prima udienza del processo d’Appello per l’omicidio di Marco Vannini, il giovane di Cerveteri ucciso nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 in una villetta di Ladispoli per un proiettile esploso da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata Martina. La prima corte di Assise di Roma il 18 aprile scorso ha condannato a 14 anni Antonio Ciontoli, mentre sua moglie Maria e i figli Martina e Federico a 3 anni. Assolta invece la fidanzata di quest’ultimo, Viola Giorgini. La sentenza non è stata condivisa dalla famiglia di Marco Vannini, che la ritiene ingiusta. Il pm Alessandra D’Amore e la difesa dei Ciontoli hanno presentato ricorso in appello, perché contestano, seppur con motivazioni diverse, la sentenza di primo grado. Sono molti i punti affrontati all’interno del ricorso presentato dalla famiglia Ciontoli, come quello legato ai tempi del soccorso, perché non c’erano elementi per capire che la ferita era grave. L’altro è relativo alla condanna dei familiari di Antonio Ciontoli. Per gli avvocati non hanno preso piena coscienza della gravità della situazione, quindi per loro il reato potrebbe essere per lo più quello di omissione di soccorso.
IL RICORSO DEL PM
Nelle 16 pagine del ricorso presentato dal pubblico ministero alla Corte d’Appello di Roma invece la dottoressa Alessandra D’Amore avrebbe sottolineato un errore da parte della corte nel ricostruire i fatti di quella sera, visto che era stata esclusa la presenza di Maria Pezzillo, Federico e Martina Ciontoli dal bagno. Lo stub aveva infatti rilevato particelle di polvere da sparo sugli indumenti di Antonio Ciontoli e i figli Martina e Federico. Inoltre, per la pm risulterebbe errato affermare che la famiglia non fosse a conoscenza dello sparo di fronte alle urla di Marco, udibili anche dall’operatrice del 118. Se tutti erano a conoscenza dell’esplosione del colpo, tutti avrebbero dovuto chiedere aiuto ai sanitari del 118. Quella sera invece sono due le chiamate che partono verso il 118: la prima viene annullata, l’altra si parla di un infortunio in vasca per Marco Vannini, caduto e feritosi con un pettine. Un altro errore per la pm D’Amore sarebbe l’esclusone del dolo in capo alla Giorgini, il cui ruolo non sarebbe centrale ma comunque chiaro nelle intercettazioni alla caserma dei carabinieri. «Se Marco fosse vivo sarebbe handicappato», aveva infatti dichiarato al fidanzato.
PARLANO MARINA CONTE E FEDERICO CIONTOLI
All’udienza è presente “Chi l’ha visto?”, che ha intervistato la madre di Marco Vannini. «Ho passato delle feste… malissimo. Non è vero che il tempo aiuta, anzi più passa e più mi manca. Le carte parlavano, invece siamo ancora qui dopo quattro anni io non so ancora la verità, questo mi uccide. Hanno ucciso Marco, si poteva salvare…», ha dichiarato Marina Conte. La mamma del 20enne parla dei suoi tormenti: «Le urla di Marco nelle chiamate al 118. Io sono la mamma e non potevo aiutarlo. Mi hanno chiamata quando era troppo tardi, avevo il diritto di intervenire». Ma il programma di Raitre ha anche trasmesso un video relativo alle dichiarazioni spontanee rese da Federico Ciontoli, il quale ha dichiarato alla corte di non essersi reso conto della gravità della situazione. «Ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità e capacità». In riferimento alle intercettazioni, ritiene che siano state «strumentalizzate» e che vadano ascoltate per intero. «Quella sera non avrei potuto fare altro rispetto a quello che ho fatto», ha ribadito il giovane.