I recenti dati sulla produzione industriale sono stati una vera batosta per ancora chi sperava in una ripresa. Secondo l’Istat, a novembre la produzione industriale è calata del 1,6% su base mensile e del 2,6% su base annua. A questo dato diffuso venerdì della scorsa settimana si aggiunge poi quello relativo alla zona euro diffuso da Eurostat: -1,7%. Il dato peggiore è quello dell’Irlanda (-7,5%), ma anche la Germania si lecca le ferite: -1,9%.
In questo contesto, del tutto prevedibile, si comprende meglio quanto sia stata debole la posizione del Governo a sottomettersi alle richieste dell’Ue e a contenere il proprio deficit al 2,04%. Questo deficit è largamente inferiore a quello fatto dai governi Renzi e Gentiloni, pari al 2,9%. E vuol dire anche che, rispetto a quei governi, questo sta tirando la cinghia e l’economia lavorerà di meno. E con la produzione industriale in calo già a novembre scorso l’effetto finale sul Pil del 2019 sarà disastroso.
A questo quadro bisogno aggiungere l’incertezza sulla Brexit e la guerra dei dazi tra Usa e Cina, che non verrà risolta dai recenti accordi. Infatti, i cinesi sono soliti firmare accordi e trattati per sapere come fregare il prossimo violando quegli stessi accordi, hanno una lunga e storicamente documentata consuetudine in questo, la storia avrebbe dovuto insegnare qualcosa. E anche senza arrivare alla storia, basterebbe un pochino di memoria sugli accordi commerciali della Wto. Immagino che gli Usa lo sappiano bene e quindi si stanno semplicemente preparando alla prossima battaglia su un fronte diverso.
Tutti questi fattori internazionali non faranno che destabilizzare la situazione italiana già critica per motivi interni. Ma il vero problema è che oggi non si vuole riconoscere la radice di tutti questi mali e si continua a perseverare in un progetto di moneta unica che non può servire al bene comune e al mercato (che non ha alcun bisogno di essere liberato, né libero).
Il ragionamento è semplice quanto efficace: una moneta unica non può servire a economie tanto differenti e con esigenze tanto diverse. E siccome non può servire, allora comanda; invece del servizio della moneta abbiamo il governo della moneta; se la moneta fosse qualificata come “servo” o servizio dell’economia (come dovrebbe essere) a questo punto sarebbe allontanata e cancellata come un servizio inutile e dannoso.
E per l’ennesima volta proprio i dati pubblicati da Eurostat confermano questa semplice lettura della realtà: a fronte di un calo della produzione industriale della zona euro dell’1,7%, nell’Ue a 28 il calo è stato minore, dell’1,3%, certificando quindi un risultato positivo pari a 0,4% di quei paesi che non hanno l’euro. E su base annua, a fronte di un calo del 3,3% dell’Eurozona, Eurostat ha certificato un calo del 2,2% nell’Ue a 28 paesi. E questo è l’ennesimo dato di una lunga serie dove i paesi che non hanno l’euro fanno costantemente meglio di quei paesi che invece hanno l’euro, sia in termini di deficit, sia in termini di debito, sia in termini di produzione industriale, sia in termini di Pil, sia in termini di occupazione.
In altre parole, su tutti i piani in quei paesi che non hanno l’euro l’economia e la finanza vanno meglio. L’unico Paese della zona Euro che può vantare risultati positivi è la Germania, ma solo perché ha affossato l’economia degli altri paesi europei. Il problema è che l’euro non funziona (come il mercato interno tedesco) e la Germania è potuta andare bene solo grazie alle esportazioni, diventando però eccessivamente dipendente da esse. E ora che le esportazioni sono i difficoltà, la stessa Germania e con essa tutta l’Europa si avvicinano pericolosamente al disastro finanziario e al collasso economico.
Sapremo tirarci fuori in tempo da questo disastro? Penso alle incertezze, ai tentennamenti e alla debolezza di questo Governo nella trattativa con l’Ue e la mia personale risposta è negativa. Vedremo.