Alvaro Lojacono è pronto a farsi processare e a scontare l’ergastolo, ma in Svizzera. Lo ha rivelato lo stesso brigatista, che da oltre vent’anni non rompeva la sua riservatezza. Condannato per la strage di via Fani e l’omicidio di Aldo Moro, finora è sfuggito alla giustizia italiana. Ma ora vuole mettere la parola fine a questa vicenda. Lo ha spiegato in una intervista esclusiva rilasciata al quotidiano svizzero Ticino online. «Sono stato scarcerato quasi vent’anni fa e sto ancora come prima dell’arresto senza sapere se un giorno o l’altro mi riprocesseranno per qualcosa. Se ora l’Italia decidesse di muoversi io l’accetterei senza obiezioni». Lojacono ha scontato 11 anni in un carcere elvetico per atti terroristici diversi dall’uccisione del presidente della Dc e della sua scorta. Sono passati 40 anni ma l’Italia non ha mai chiesto l’estradizione nei suoi confronti. Sarebbe comunque un vicolo cieco, perché la Svizzera non concede l’estradizione all’estero ai suoi cittadini. E infatti Lojacono ha assunto la cittadinanza dopo aver scelto il cognome della madre, Baragiola. Da qui dunque la “resa” delle autorità italiane.
ALVARO LOJACONO, EX BR LATITANTE PER IL CASO MORO
Si potrebbe però procedere con un “exequatur”, una procedura con cui una sentenza italiana potrebbe essere eseguita all’estero. Ma Alvaro Lojacono accetterebbe un ergastolo inflitto da una corte svizzera? «Sì», la risposta laconica dell’ex brigatista a Ticino online. Ma nel colloquio con il giornale ha detto la sua dopo quanto visto con la cattura di Cesare Battisti: «Sono passati 40 anni e l’Italia si è sempre mossa in una logica di vendetta, come si è visto anche nel caso Battisti e non ha mai rinunciato a un quadro giuridico d’eccezione». Lojacono il 16 marzo 1978 era in via Fani alla guida di una delle auto che “intrappolarono” quelle di Moro e della scorta, permettendo l’entrata in azione del gruppo di fuoco. Dopo l’arresto e l’estradizione di Cesare Battisti, il vicepremier Matteo Salvini ha annunciato di voler riportare in Italia, e quindi in carcere, altri terroristi italiani. Anche la Lega dei ticinesi, partito “gemello” del Carroccio italiano ha chiesto che il governo elvetico consegni Lojacono alle autorità italiane, ma l’unica strada percorribile è quella dell’exequatur, a patto – precisa Lojacono – di non procedere più per gli stessi fatti.
LA REPLICA DI BEPPE FIORONI
Nel 2006 l’Italia presentò una richiesta di exequatur, cioè di esecuzione in Svizzera delle condanne italiane, ma l’ex Br ha chiarito che «riguardava solo la sentenza del processo Moro 4 e non garantiva che, una volta eseguita la pena in Svizzera, il paese richiedente l’avrebbe pienamente riconosciuta come scontata». Quindi Lojacono correva il rischio che l’Italia avrebbe proceduto per farla valere o eseguirla di nuovo, «cosa illegale ma non sorprendente, o avrebbe chiesto l’esecuzione ulteriore delle altre condanne». L’ex brigatista sostiene che per questo motivo la richiesta italiana fu respinta dai giudici del Canton Berna. Ma Beppe Fioroni, presidente della Commissione parlamentare sul caso Moro, ha replicato: «Con Lojacono noi eravamo disponibili anche a una rogatoria, ad andare noi in Svizzera, queste verità poteva dirle da lì – riporta Il Fatto Quotidiano – Non c’era bisogno di farsi riarrestare per parlare. Con lui abbiamo avuto uno scambio epistolare. Ci ha spiegato che non intendeva rispondere alle domande perché, come risulta dagli atti, aveva scontato la sua pena con la giustizia elvetica».