Siamo al paradosso: alcune t-shirt destinate ad una campagna benefica in favore dei diritti delle donne e della “giustizia di genere” sono state realizzate da lavoratrici schiave. Non sono neppure t-shirt qualunque, ma firmate dalle Spice Girls per una campagna promossa in Gran Bretagna e all’estero. Lo denuncia il Guardian che oggi spiega come le magliette siano state commissionate ad una fabbrica del Bangladesh dove la manodopera femminile sarebbe pagata 35 pence all’ora, circa 40 centesimi di euro, l’equivalente della miseria praticamente. Ma non è finita qui, perché il giornale progressista britannico racconta anche di giornate lavorative durate fino a 16 ore e di “caporali” che non esiterebbero a insultare e minacciare le operaie schiave (come chiamarle se no?) se non si dimostrano in grado di raggiungere gli obiettivi di produzione individuali prefissati. La società che controlla la fabbrica in questione ha promesso una verifica, ma ha già respinto le accuse spiegando che quanto è stato denunciato non sarebbe vero.
SPICE GIRLS, OPERAIE SCHIAVE DIETRO T-SHIRT PER DIRITTI DONNE
Un portavoce nel frattempo è intervenuto per assicurare che le Spice Girls erano ignare di questa vicenda e si dicono «sgomente e inorridite» per quanto denunciato dal Guardian, al pari dei promotori di Comic Relief, che ha organizzato la campagna in questione. Il portavoce della band ha spiegato che verrà finanziata un’indagine per fare luce sulle condizioni di lavoro all’interno della fabbrica, mentre l’ente benefico si è detto «scioccato e preoccupato». Il rivenditore online che si occupa della vendita delle magliette, Represent, ha detto di assumersi «la piena responsabilità» della situazione, mentre Interstoff ha negato. Per assurdo, dunque, tutto ciò che le Spice Girls vogliono combattere è alla base delle magliette con cui vogliono veicolare il loro messaggio. Il Guardian ha raccontato la storia di Salma, ma è solo una delle tante donne costrette a lavorare in «condizioni inumane».