Nei giorni scorsi i rapporti tra Italia e Francia si sono certamente inaspriti. Emmanuel Macron ha poi firmato un trattato con la Germania che prevede una stretta collaborazione tra i due paesi in molti settori e su diverse tematiche. Non è sfuggito anche il caso relativo alla missione europea Sophia nel Mediterraneo aperto dalla decisione di Berlino di sospendere la propria partecipazione. Tra i tre paesi principali dell’Ue (considerando che la Gran Bretagna ha scelto di uscirne) sembra che i rapporti stiano cambiando e tra loro vi sono anche intrecci economici non trascurabili. «L’Italia si trova in una situazione peggiore di prima. È il Paese indipendente più debole, considerando che altri, come la Spagna, per esempio, dipendono largamente ormai dalla Germania. È un soggetto autonomo e avrebbe interesse a giocare una partita in cui negoziare sia con la Francia che con la Germania, cercando in qualche modo di creare un equilibrio. Anziché negoziare fino in fondo, però, il Governo sta scegliendo di litigare fino in fondo con tutti», è il commento di Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Professore, come giudica il trattato firmato da Francia e Germania?
Sicuramente questo patto risolve delle controversie tra Parigi e Berlino, ma genera una controversia allargata con il resto dell’Ue. Non credo che i due paesi possano condividere fino in fondo le politiche di difesa, ma con questo trattato hanno modo di spartirsi il potere di gestione dell’euro e di aspetti fondamentali nella vita dell’Ue. Quindi gli altri paesi non potranno non avere nulla di ridire di fronte a questo strano direttorio. Strano perché una volta erano due paesi con due leader che contavano ciascuno nel proprio Paese su una larga maggioranza, mentre ora non è così. Questo accordo ha poi conseguenze che riguardano l’Italia.
A che cosa si riferisce?
Nel momento in cui Francia e Germania si accordano sulla difesa, è chiaro che Parigi non può più allearsi con Roma per i cantieri navali. Ora sarà importante cercare di uscire dall’inghippo in cui ci troviamo nella vicenda Fincantieri-Stx.
A proposito di rapporti economici esistenti tra Italia e Francia, non trova che ci sia un certo “squilibrio”?
Indubbiamente. La Francia è riuscita a fare affari in Italia, mentre noi non siamo riusciti a farli oltralpe, anche perché Parigi ha clausole di interesse nazionale molto superiori a quelle altrui. Questo ha fatto sì, per esempio, che ci sia un dominio francese nel nostro sistema bancario. Non possiamo continuare a subirlo, perché è pericoloso e dannoso. Ci conviene cercare di controbilanciarlo. La Francia ha una potenza finanziaria importante e quindi le alternative sono altri paesi finanziariamente forti, come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna.
Ci sono “dossier” economicamente importanti per l’Italia in cui sono coinvolte, o potrebbero esserlo, aziende francesi: Telecom Italia e Alitalia su tutti.
La rete telefonica è un asset sensibile e strategico che non possiamo lasciare in mano a degli stranieri. Su questo stiamo assistendo a una lotta intensa in Telecom Italia, che andrà seguita con molta attenzione dal Governo. Per quanto riguarda Alitalia, credo che ci sia bisogno di trovare un partner al di là dell’Atlantico, visto che serve una rete mondiale e non europea di collegamenti. Più che con Air France, quindi, bisognerebbe caso mai allearsi con compagnie extraeuropee.
Nei giorni scorsi si è parlato anche dei rapporti tra Francia e Africa e delle conseguenze che hanno anche per l’Italia. Cosa ne pensa?
Non mi è sembrata una gran mossa quella del Movimento 5 Stelle sul Franco Cfa, mentre indubbiamente esiste una questione mediterranea il cui fulcro è il petrolio: da tempo la Francia sta facendo una guerra per piazzare la Total al posto dell’Eni. Tutta l’operazione di guerra in Libia del 2011 era di questa natura: la Francia ha volutamente creato il caos, ha destabilizzato un’area geografica, per interessi petroliferi. Ragione peraltro per cui si muove, quando vuole, in Medio Oriente.
Lei ritiene che l’Italia debba negoziare e non litigare. Come può farlo?
Con la Francia mediante la Tav, su cui c’è un interesse comune e che potrebbe permettere al nostro Paese di ampliare i propri orizzonti a est. Con la Germania sarebbe ancora più facile, perché siamo complementari e non rivali come con la Francia. Esiste una rivalità nel settore dell’auto, ma siamo strettamente collegati dal punto di vista industriale. Ci sono settori in cui si possono immaginare collaborazioni, come l’agroalimentare, l’elettromeccanica, la chimica, la ricerca scientifica. Se poi viene sviluppato il collegamento ferroviario del Brennero ci potremmo meglio connettere con zone industriali importanti come la Baveria e la Bassa Sassonia. Ci si potrebbe integrare anche nei rapporti con i paesi dell’est Europa.
(Lorenzo Torrisi)