E’ finito lo shutdown più lungo della storia degli Stati Uniti. Dopo 35 giorni di blocco delle attività governative, il presidente Donald Trump ha trovato un accordo con i democratici, mettendo quindi in stand-by lo shutdown fino al prossimo 15 febbraio. Un’intesa raggiunta per i circa 800mila lavoratori che non ricevevano lo stipendio da 35 giorni a questa parte, e che iniziavano a trovarsi in seria difficoltà. «Speriamo che il presidente Trump abbia imparato la lezione», ha commentato la terza carica statale, lo speaker della Camera, Nancy Pelosi. Ma il presidente Usa non demorde per quanto riguarda la propria posizione in merito alla costruzione del muro lungo il confine con il Messico: «Nessun piano per la sicurezza delle frontiere potrà mai funzionare senza una barriera fisica – le parole del tycoon via Twitter – allo stesso tempo abbiamo bisogno di incrementare la tecnologia di rilevazione del transito della droga ed anche la forza lavoro per modernizzare i nostri varchi d’ingresso, ormai obsoleti». Dal 1976 ad oggi era stato indetti numerosi shutdown nella storia degli Stati Uniti, ma mai nessuno era durato così a lungo. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
FINITO LO SHUTDOWN PIU’ LUNGO DELLA STORIA
Fine dello shutdown negli Stati Uniti, o forse sarebbe meglio dire stand-by. Nella giornata di ieri i democratici e i repubblicani hanno trovato un accordo che suona più come una pace armata: riaperte le azioni governative per venti giorni, fino al 15 febbraio, con lo sblocco dei fondi necessari per pagare gli stipendi ai dipendenti federali. In questi 35 giorni di stop, circa 800mila dipendenti pubblici sono rimasti senza l’assegno mensile, e molti di loro si sono trovati in difficoltà. Trump ha quindi siglato questo patto per il bene del paese ma se nei prossimi 20 giorni non si troverà l’intesa sul muro lungo il confine con il Messico, il governo verrà nuovamente chiuso. Il presidente attende che il Congresso sblocchi i 5.7 miliardi di dollari necessari per erigere quella barriera lungo il confine sud che secondo lo stesso tycoon sarebbe fondamentale nella lotta all’immigrazione clandestina. Peccato però che il congresso la pensi diversamente, e non intenda affatto dare il via al “lascito”. Di conseguenza è molto probabile che fra una ventina di giorni torni tutto come prima, con un nuovo shutdown. La decisione di concedere la tregua da parte di Trump, è arrivata (anche se lo stesso ha smentito), dopo che Nancy Pelosi, speaker della Camera e numero 3 del governo, ha vietato al presidente di tenere il discorso sullo stato dell’unione, facendogli perdere un’audience di circa 50 milioni di telespettatori. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SHUTDOWN USA TERMINATO
E’ terminato lo shutdown del governo degli Stati Uniti. Nella notte da poco passata il presidente Donald Trump ha posto fine al blocco delle attività governative, dopo uno stop forzato durato più di un mese, per l’esattezza 35 giorni. «Non è stata una concessione – le parole del tycoon via Twitter, replicando a chi sosteneva che l’accordo era stato siglato a causa della posizione ostile di Nancy Pelosi, speaker della Camera – sono solo venuto incontro ai milioni di persone colpite duramente dallo shutdown e se entro 21 giorni non ci sarà un accordo tutto è pronto per agire». Come annunciato dallo stesso Trump, nei prossimi 20 giorni si cercherà di trovare un’intesa per quanto riguarda la costruzione del muro lungo il confine con il Messico, e nel caso di esito negativo sarà nuovamente shutdown. «Se non otteniamo un accordo equo dal Congresso – ha aggiunto Trump – il 15 febbraio scatterà lo shutdown del governo di nuovo o userò i poteri garantiti dalle leggi e dalla Costituzione per affrontare quest’emergenza». Trump starebbe pensando alla possibilità di dichiarare l’emergenza nazionale che gli consentirebbe di costruire la fatidica barriera senza interpellare il Congresso. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
SHUTDOWN: AEREOPORTI BLOCCATI
Le prime serie conseguenze dell’ormai lunghissimo shutdown imposto dal presidente Trump, il più lungo della storia americana, si fanno sentire. Oltre ai problemi di moltissimi dipendenti statali che non ricevono più lo stipendio da quasi un mese, si registra adesso il blocco totale agli aeroporti newyorchesi di La Guardia e Newark, a causa della mancanza dei controllori di volo. Da qualche ora infatti l’ente di controllo dei voli ha cominciato a bloccare i voli diretti ai due aeroporti (quello più importante, il JFK, è per adesso ancora funzionante) per via della mancanza del personale, al momento non è chiaro se l’intenzione è di bloccare ogni volo o ritardarne alcuni. Non è neanche possibile sapere che cosa sta succedendo perché il personale addetto alle comunicazioni dell’aeroporto La Guardia è completamente assente. Ritardi anche al Reagan di Washington e a Tampa (Florida). Alla luce di ciò, molte compagnie — come Air Canada — hanno invitato i propri passeggeri a rivedere i piani di viaggio da e per gli Usa. Ritardi, sempre a causa della carenza di personale, sono registrati anche a Orlando.
LO SHUTDOWN PIU’ LUNGO DELLA STORIA
Come si sa negli Stati Uniti è in corso un pesantissimo braccio di ferro tra il governo e l’opposizione del Partito democratico sull’approvazione del bilancio annuale. Donald Trump ha chiesto un fondo di oltre 5 miliardi di dollari per completare il muro al confine con il Messico, ma i democratici si oppongono. Per quest motivo ogni impegno a livello statale è bloccato e il bilancio non può essere approvato. Altri settori colpiti sono quelli delle pulizie stradale e nelle strade di New York e altre città si stanno accumulando montagne di spazzatura che nessuno passa a ritirare così come i parchi nazionali dove il personale non lavora più da settimane.