All’emergenza migratoria e alle tensioni politiche del caso Diciotti si è aggiunta la recessione tecnica, con l’incognita di sapere se e come il governo riuscirà a fronteggiare la frenata del Pil. Non è un momento facile per il governo, eppure ieri Repubblica ha diffuso un sondaggio Emg Acqua secondo il quale il 57% di italiani non ritiene che Salvini vada processato. Lo scenario di Arnaldo Ferrari Nasi, analista politico e sondaggista.
Salvini ostenta sicurezza e dice che il governo è al sicuro. Lei che ne pensa?
M5s e Lega hanno conquistato legittimamente il loro spazio grazie al prolungato fallimento delle classi politiche della “seconda repubblica” e sono alla loro prima prova di governo. Sono stabilmente al comando.
Nonostante le difficoltà?
Influisce molto la mancanza di alternative reali, praticabili. Su M5s pesa anche il fatto che se salta il governo, i 5 Stelle rischiano di non tornare a Palazzo Chigi; sulla Lega, che possano tornare nell’alveo dei numeri in cui li abbiamo visti negli scorsi vent’anni, o poco più.
Pesa di più nel giudizio degli italiani l’emergenza migratoria o la crisi economica?
Qui bisogna intendersi. La crisi c’era anche vent’anni fa, tanto che nel ’98-99, misurando il polso dell’opinione pubblica, il mio “termometro” sulla crisi e le aspettative economiche, basato su identiche domande a stessi campioni rappresentativi di italiani, segnava 5,8 su una scala da 0 a 10, mentre nel 2018 si attestava al 4,6. Una percezione positiva del futuro, vent’anni fa, nonostante gli enormi sacrifici che stavano affrontando gli italiani per entrare nell’euro, mentre oggi, per il domani, una netta visione negativa.
Dunque gli italiani sono pessimisti ma hanno fiducia nel governo. E sui migranti?
Anche in questo caso abbiamo a che fare con una percezione di lunga durata: nel 2016 per il 72% l’immigrazione metteva a rischio la sicurezza e come è noto, il giudizio della gente, negli anni, su temi come questo, cambia poco, soprattutto quando si parte da numeri di questo tipo. Fino a che Salvini risponde a queste istanze, il suo consenso si mantiene alto.
Un altro dato di lunga durata?
Nel 2007 il 57% era convinto che “spesso i magistrati agiscono con fini politici”. Nel 2017 lo pensava il 62%. Vuol dire che al posto di Berlusconi può esserci Salvini, ma la gente non ha cambiato idea. Anzi.
Però il 4 marzo 2018 gli italiani hanno cambiato idea eccome sui partiti da mandare in Parlamento.
Hanno votato chi salvaguardava i loro convincimenti di fondo in un nuovo assetto politico. Non più un asse orizzontale destra-sinistra, ma verticale, populisti-non populisti.
Perché M5s scende nei sondaggi, dal 32 fino al 25%?
Perché nonostante tutto è più facile fare una politica migratoria come quella di Salvini che predisporre uno strumento come il reddito di cittadinanza e, più in generale, occuparsi di lavoro, sviluppo economico, infrastrutture.
Come è vista la misura simbolo di M5s?
Il 67% dice che non avrà effetti sull’economia, il 77% è convinto che i furbi troveranno il modo di ottenerlo anche se non ne avrebbero diritto, il 79% dice che anche se dovesse averlo lavorerà in nero, il 60% dice che sarebbe stato meglio dare quei soldi alle imprese. Il 45% è per mantenerlo, il 31% per abolirlo.
Dove vanno i voti perduti dai 5 Stelle?
Nella vasta zona grigia degli indecisi, ma non a sinistra, non nel Pd per intenderci. Mentre chi vota il Pd forse voterebbe anche M5s, chi vota M5s non voterebbe mai il Pd.
A proposito, qual è il futuro del Pd?
E’ un’offerta politica vecchia, destinata a ridimensionarsi enormemente, a sparire come partito di massa.
Però secondo Swg la lista Calenda potrebbe raggiungere il 20-24%.
Queste previsioni hanno un valore relativo. Sa come nascono? Si fa la domanda: “Se Calenda si unisse a Tizio e Caio, lei prenderebbe in considerazione di votarlo?” Risposte: molto, abbastanza, poco, per nulla. Si mettono insieme i “molto” e gli “abbastanza” e si ottiene un mercato potenziale del 20%. Ah ah, mi ricordo quando Crespi uscì con lo stesso dato su Futuro e libertà: l’anno dopo nessuno entrò in Parlamento, neanche Fini. Fini, non Calenda!
Dunque secondo lei non è una previsione che risponde alla realtà?
Difficile dirlo, perché in questo momento è proprio la “realtà” che manca. Da zero al 24% ne passa, come ne passa dal 17% di Salvini del 4 marzo al 33% di cui è accreditato adesso.
Un partito di cattolici non dispiacerebbe alla Cei. Quanto prenderebbe?
Ho dei dati in proposito sui quali sto lavorando, non posso anticiparle nulla. Però lo spazio c’è. Diciamo che per i cattolici, oggi, la dinamica per un eventuale posizionamento nello spazio politico è simile a quella dei libertarians americani: stanno a cavallo tra la destra e la sinistra e spostano il voto a seconda che destra e sinistra mettano l’accento sui temi economici, etici o civili, ovvero famiglia o poveri (per i libertarians, economia o diritti civili).
Quale dei due “gruppi” avrebbe più spazio?
Avrebbero più spazio nel centrodestra, perché in quel campo è scomparso Berlusconi e da quella parte l’unica offerta che c’è è quella di Salvini. In altri termini: se si crea un’offerta, il partito cattolico funziona a destra, non a sinistra.
E perché non a sinistra?
Perché a sinistra lo spazio è occupato da M5s. In Parlamento c’è un’ala governista, che può apparire quasi di destra, rappresentata da Di Maio, giustificata solo dal fatto che serve un accordo con Salvini. Potranno esistere piccoli partiti elitari, come i socialdemocratici della prima repubblica, ma l’erede “popolare” della sinistra è M5s. A destra invece non c’è stata una dinamica di sostituzione come a sinistra, ma un’occupazione marginale dello spazio residuo, quello lasciato libero dal partito moderato popolare: prima Dc/Psi, poi FI.
Questo che cosa comporta?
Vuol dire che Salvini può riempire il vuoto lasciato da Berlusconi solo in modo parziale, e per di più temporaneo. Insomma, a destra la partita è aperta.
(Federico Ferraù)