LE BEFFE DI QUOTA 100 E OPZIONE DONNA
La riforma delle pensioni rischia di far sì che due persone nate nello stesso anno possano andare in quiescenza anche a 5 o 6 anni di differenza. Lo mette in rilievo Repubblica, ricordano, per esempio, che “due coetanei nati nel 1959 usciranno a 62 anni il primo e quasi a 68 il secondo. E solo perché uno ha iniziato a lavorare a 24 anni e quindi userà quota 100 nel 2021, quando avrà 38 anni di contributi. Mentre l’altro nel 1984 quando ne aveva 25. E fra tre anni, l’ultimo della sperimentazione, arriverà solo a quota 99 (l’anno dopo quota 100 non esiste più). Una beffa”. Cosa analoga capita anche per Opzione donna: “La misura è stata riconfermata solo per il 2019, riservata alle 58-59enni (classe 1959-1960) che hanno compiuto gli anni entro il 31 dicembre 2018. La linea Maginot è la data di nascita. Tutte le lavoratrici nate un anno dopo i requisiti (1960-1961) sono fuori dall’opzione. Sono fuori anche da quota 100. E quindi andranno in pensione con le regole Fornero, sei o sette anni dopo”.
MANAGER SCETTICI SULLA QUOTA 100
Nonostante il “boom” di domande online, la Quota 100 non vede solo pareri entusiasti specie negli esperti dei settori più implicati nell’occupazione: «Quota 100 muoverà poca o niente occupazione in Italia, ma inciderà sul sistema pensionistico», spiegano a Teleborsa un’analisi di ManagerItalia dopo il sondaggio sviluppato negli scorsi giorni su più di 500 dirigenti quali general manager, Hr manager e Cfo. Il concreto piano di riforma delle pensioni, secondo i manager italiani, avrà ben poco effetto sull’occuopazione. Ma attenzione, anche sul fronte pensionistico non regna l’ottimismo: «la misura rischia di rendere necessari in futuro ulteriori aggiustamenti (79,2%), carica maggiori spese sulle spalle delle future generazioni (66,2%) ed è l’ennesima modifica che rischia di aumentare diffidenza e paure circa le pensioni future (64,6%)». Da ultimo, solo il 43% nel rapporto di ManagerItalia afferma che è utile sbloccare il ricambio nel mondo del lavoro dando così opportunità ai lavoratori più giovani. (agg. di Niccolò Magnani)
LA NORMA IN QUOTA 100 SUI PENSIONATI LATITANTI
Nelle scorse settimane ha fatto piuttosto discutere, dopo la cattura di Cesare Battisti, lo scoop giornalistico di Panorama in merito alle pensioni guadagnate da latitanti all’estero, specie in Francia: il caso di Giorgio Pietrostefani su tutti ha fatto scandalo tanto che il Governo vorrebbe immettere in Quota 100 una norma per bloccare questo meccanismo “imbarazzante”. Il sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, sulle pensioni ai latitanti ha spiegato nel weekend «Questo è un problema reale che dobbiamo risolvere in fretta. Proseguiremo la strada aperta nel 2010, ma non conclusa, da una proposta di legge del leghista Massimiliano Fedriga e in parte recepita dalla legge Fornero, di revocare la pensione a soggetti condannati per atti di terrorismo, stragi, mafia. La nostra idea è di estendere la norma anche ai latitanti e agli autori di altri reati che destano particolare allarme sociale». In particolare, la Lega studi di inserire un articolo specifico nella legge di conversione del Decretone su Quota 100 e Reddito di Cittadinanza «Assicuriamo ai cittadini che interverremo in tempi rapidi. Dobbiamo solo stare attenti che la nuova norma non abbia profili di incostituzionalità». (agg. di Niccolò Magnani)
CESARE DAMIANO DIFENDE QUOTA 100
Non è un membro del Governo e nemmeno del Centrodestra a parlare e difendere la Quota 100 – che nei primi giorni ha avuto un’impennata di richieste d’adesione – bensì un ex Pd e un particolare esperto del mondo pensioni: Cesare Damiano, oggi in LeU, ammette che «Quota 100 avrà successo: si tratta di una misura che non va solo a vantaggio delle imprese, che possono ringiovanire l’organico, ma anche dei lavoratori che aspirano ad andare in pensione senza dover passare per le forche caudine e socialmente crudeli della legge Fornero». L’ex Ministro del Lavoro si è sempre speso nel criticare la riforma pensioni del Governo Monti e ora che un iniziale superamento è avvenuto con il Contratto gialloverde non si tira certo indietro: la critica al centrosinistra è servita quando ancora Damiano ricorda «Non capire questa semplice verità vuol dire non comprendere le esigenze del mondo reale. Stupisce il fatto che alcuni esponenti del centro-sinistra avversino questa misura dimenticando che le ‘Quote’ le abbiamo inventate noi nel 2007, al tempo del Governo Prodi». Non è però solo complimenti, ovviamente, a Di Maio e Salvini: l’ex Presidente della Commissione Lavoro sottolinea come «Quota 100 discrimina chi non ha lunghe carriere contributive e, per converso, penalizza le donne, i disoccupati e chi svolge lavori discontinui, stagionali o di cantiere. Non tutti possono raggiungere il traguardo dei 38 anni di contribuzione pur avendo una età elevata». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GALASSO
In un intervento su lavoce.info, Vincenzo Galasso evidenzia che rispetto alla normativa previgente, la riforma delle pensioni con Quota 100 “abbasserà l’età media di pensionamento: di un anno e mezzo nel settore privato secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Sempre secondo queste stime, la platea interessata da quota 100 nel 2019 è di 475mila lavoratori, per i due terzi uomini e per la metà soggetti al sistema retributivo”, “tutto ciò nei prossimi tre anni. Per un costo, secondo le stime del governo, di ben 22 miliardi di euro. Impossibile non chiedersi se ne valga la pena”. Il Professore di Economia politica all’Università Bocconi di Milano spiega che “la flessibilità in uscita è legittima, ma costa. Se un lavoratore anticipa di un anno il pensionamento crea due effetti sul sistema previdenziale. Un anno di contributi previdenziali in meno. E un anno di pensione erogata in più.
Dunque, il sistema pensionistico incassa di meno e versa di più. A meno che, ovviamente, la pensione mensile erogata non sia ridotta per compensare i minori versamenti e il più lungo periodo di erogazione”. Dato che ciò non avviene, “Quota 100 va ben oltre l’obiettivo di fornire un canale di flessibilità in uscita dal mercato del lavoro. Incentiva il pensionamento anticipato e per farlo incanala una gran quantità di risorse verso lavoratori sessantenni, prevalentemente uomini, con carriere lavorative continue e aderenti al (generoso) sistema retributivo. Solo per tre anni. Una (ulteriore) concessione ai baby boomer – soprattutto agli uomini – già in precedenza esentati dal costo delle riforme Amato e Dini”.