In attesa che il “decretone”, che introduce il reddito di cittadinanza, sia convertito in legge (deve essere fatto entro metà marzo), il Governo sta lavorando per mettere insieme tutti i suoi ingranaggi. Questa settimana è stato pubblicato il bando per l’assunzione dei 6000 “navigator”, o tutor, che dovranno accompagnare gli aventi diritto al reddito nella ricerca del lavoro e in tutto ciò che riguarda gli adempimenti da rispettare.
Sono tanti i nodi da sciogliere su questa figura. La loro assunzione (a tempo determinato) deve passare da un’intesa con le Regioni, che hanno già espresso riserve, vista la sovrapposizione con gli operatori dei Centri per l’impiego. I navigator vanno in concorrenza anche con i vecchi precari dell’Anpal, l’agenzia che coordina le politiche di aiuto ai disoccupati. E non è ancora chiaro dove saranno fisicamente collocati e come dovrebbero operare.
Nella realtà, risolti tutti i problemi organizzativi, di conflitto, di posizionamento all’interno delle realtà esistenti, il ruolo del navigator, come quello di tutti coloro che aiutano a orientarsi nel mercato del lavoro, potrebbe rivelarsi cruciale.
Con quali criteri proporre un lavoro? Su quali capacità puntare? Come riconoscerle? Quale tipo di formazione suggerire? Come motivare di fronte all’incertezza? E quanto tenere in considerazione aspirazioni, desideri e ambizioni? Non si tratta infatti solamente di possedere gli strumenti e le informazioni per fare incontrare domanda e offerta di lavoro. Certamente anche questo e quindi i Centri per l’impiego dovrebbero essere ripensati.
Ma quello che bisognerebbe fare ancora più decisamente è smettere di ubriacarsi con le analisi che considerano solo elementi strutturali di contesto e si dimenticano di guardare al punto che origina lo sviluppo: l’iniziativa umana. O meglio, l’iniziativa di ogni uomo che non solo lavora, ma che inventa il lavoro e quindi lo sviluppo. Cercare lavoro non significa far combaciare un curriculum con una posizione aperta in una qualche impresa. Significa guardare chi si ha davanti sapendo che le sue capacità cognitive, psicologiche e sociali sono determinanti nel percorso lavorativo.
Conoscenze, competenze, livello di studio (capitale umano) dovranno essere considerate insieme a caratteristiche di personalità (capitale psicologico) come grinta, autocontrollo, ottimismo, motivazione, capacità relazionale, e a quello che i sociologi chiamano capitale sociale: sistema di relazioni personali di cui il singolo è costituito.
Il professor Luigi Fabbris dell’Università di Padova ha recentemente quantificato l’impatto che queste dimensioni hanno sulla ricerca di un lavoro caratterizzato da uno stipendio e un mansionario adeguati alle proprie aspettative. Ha misurato, ad esempio, che la fiducia di poter determinare il proprio percorso umano e professionale pesa per il 22%, la stabilità emotiva per il 23%.
In un mercato del lavoro diventato un percorso aperto è fondamentale avere quelle caratteristiche della personalità che permettono di ricercarlo, di vincere e superare le difficoltà, di impegnarsi, di saper adeguarsi efficacemente i cambiamenti che possono avvenire.
Intraprendere un percorso lavorativo proficuo e positivo, affrontare le difficoltà che si incontrano senza scoraggiarsi, ripartendo continuamente, sono anche le caratteristiche necessarie per intraprendere con successo una carriera imprenditoriale.
Il lavoro lo abbiamo sempre inventato: questa è una delle caratteristiche di forza degli italiani. E può tornare a esserlo.