L’aristocrazia piemontese aveva vittoriosamente combattuto le armate napoleoniche nella guerra delle Alpi dal 1792 al 1796 ed era riuscita attorno ai Savoia-Carignano a conservare l’integrità del Regno di Sardegna. La basilica di Superga che ancor oggi domina Torino memorializza nell’eternità con un dono devozionale mariano quella vittoria. Quando Camillo Benso conte di Cavour, di formazione anglofila e realista più che mai, consegnò Nizza e la Contea di Savoia, cuore del Regno, alla Francia di Napoleone III dopo Plombières, quell’aristocrazia si sentì umiliata, ma continuò a servire la monarchia nel disegno splendidamente interpretato da Cavour: unificare l’Italia per annessione dall’alto neutralizzando Garibaldi – strumento anglosassone – e perseguitando sino alla morte nel 1862 un Mazzini ricercato dalla polizia del Regno d’Italia. Un regno che per vedersi compiuto con le Venezie dovette allearsi con la Prussia contro l’Austria.
Era scritto nella storia che dopo quel cambio di alleanza tutta cavouriana, nonostante la morte del genio di Cavour, a difendere il Papa rifugiatosi in Roma si trovassero le truppe francesi, nell’ultimo tentativo di condizionare le sorti di uno Stato tardivamente unificato. L’aristocrazia torinese continuò da allora a servire non solo la monarchia, ma altresì il Regno d’Italia e con esso quell’Italia che quindi nacque con il suo statuale Dna organicamente collusivo con la Francia, allorché si comprese che l’interesse prevalente, come disse Dino Grandi in un suo celebre e acutissimo aforisma, era da ricercarsi nel Mediterraneo.
Non stupisce che il Governo Depretis-Cairoli nel 1882 si avventurasse in Marocco e nella sconfitta inflittagli dalla Francia l’interesse prevalente conducesse poi l’Italia giolittiana in Libia dove essa è rimasta sino a oggi in un continuo confronto, come si è reso manifesto ancora oggi, con la stessa Francia di Plombières, forte della dissimmetria nell’equilibrio e nel confronto di potenza che il crollo dell’Urss ha provocato nel mondo e nel Mediterraneo.
L’interesse prevalente dell’Italia nell’Europa a dominazione franco-tedesca è uno solo: il legame organico e sempiterno con gli Usa, come gli ultimi squilibri mondiali rendono manifesto anche in Africa subsahariana, dove inevitabilmente ci spinge l’interesse prevalente. Il nostro destino sarà sempre cooperare con tutti, anche con la Francia, ma sempre incentivando le relazioni transatlantiche nella lotta contro la Cina, organico alleato della Francia e della Germania in funzione anti-nordamericana, come molti stati africani hanno compreso, non a caso in ciò aiutati dalla Russia con cui noi italiani abbiamo storici legami che possono integrarsi e non confliggere con gli interessi Usa.
Ma bisogna usare la testa e riprendersi l’onore, come fece quell’aristocratico di natura del generale Tricarico, che rese al mittente la legion d’onore quando i due capi di stato franco-tedeschi offesero un nostro presidente del Consiglio, offrendo un magnifico esempio di onore sabaudo.
Insomma, si deve dialogare con tutti e non offendere mai nessuno, e in primo luogo si dialoga con i non amici perché uno Stato non deve aver nemici, ma solo relazioni diplomatiche. Consiglio agli eletti dal popolo degli abissi la lettura in sei volumi della biografia del vero eroe italico Camillo Benso conte di Cavour, avvertendo che ne esiste anche un’abbreviata edizione in un solo volume. L’autore? Il sommo Rosario Romeo, i libri del quale vanno imparati a memoria in sedute speciali delle due Camere.