Nei mesi scorsi Lidia Vivoli era uscita di nuovo allo scoperto per denunciare il fatto che il suo ex compagno, condannato per tentato omicidio e sequestro di persona, era finito agli arresti domiciliari. Uscito dal carcere, è finito nuovamente nei guai ed è stato condannato per stalking. Ma è finito agli arresti domiciliari senza alcun controllo tecnologico, come il braccialetto elettronico. Ora dunque la donna sopravvissuta alla brutale aggressione torna a parlare, e lo fa a La Vita in Diretta, scossa da quanto accaduto a Simona Rocca, la donna bruciata dal suo stalker a Vercelli. «Provo ad andare avanti. La storia non finisce mai quando hai a che fare con uno stalker, a meno che uno dei due non fa una brutta fine. Ascoltare queste storie mi strappa il cuore perché conosco quel terrore», dice a Francesca Fialdini. Racconta il suo incubo: non è finito infatti dopo le condanne. «Io sono sopravvissuta ad un tentato omicidio e a un sequestro, ma ha continuato anche dopo. E questo vuol dire che non hanno la percezione di quello che hanno fatto».
LIDIA VIVOLI RACCONTA IL SUO INCUBO A LA VITA IN DIRETTA
Livia Vivoli racconta a La Vita in Diretta l’incubo di chi viene perseguitato. «Noi diventiamo oggetti nelle mani di queste persone. Non vivi più, hai il terrore di qualsiasi cosa. A me fa paura pure la pioggia perché penso possa essere lui. Hai incubi costanti, la tua vita finisce per quello che pensavi fosse amore». Ma il problema è che a volte denunciare non serve a nulla. «Tutte noi abbiamo denunciato, ma passano troppi anni prima del processo. E loro sono liberi di minacciarci e ucciderci. Bisogna tutelare le vittime, non giudicarle o vessarle. Non è mai colpa della donna». In onda vanno le immagini delle terribili ferite che ha riportato nella sua aggressione. Fu colpita più volte con una padella in ghisa e delle forbici. Si salvò solo perché gli promise che non lo avrebbe denunciato, ma ora anche se si è rifatta una vita (è madre di due gemellini) è comprensibilmente terrorizzata. «Dobbiamo mostrare cosa succede per far capire a tutti cosa succede. I divieti di avvicinamento non sono utili, non hanno mai salvato nessuna donna anzi incattiviscono gli uomini. Non serve un foglio, ma un braccialetto elettronico». E poi conclude: «Io ho paura di tutto, perché vivo in una società che colpevolizza la vittima. Ora risulto una persona scomoda. Qualunque cosa accadrà, i miei figli sapranno che non ho avuto paura della morte».