La Conferenza di Varsavia sul Medio oriente voluta dagli Stati Uniti a cui hanno partecipato quasi tutti i paesi del mondo arabo e diversi paesi europei (l’Italia c’era, assenti Francia e Germania), di fatto, dicono gli esperti, è stata la nascita di una sorta di “patto di Varsavia” in funzione anti-Iran. Lo fa capire chiaramente la dichiarazione di Mike Pompeo e di Netanyahu: “L’Iran è la principale minaccia in Medio Oriente e affrontare la Repubblica islamica è la chiave per arrivare alla pace nell’intera regione. Non è possibile arrivare a pace e stabilità senza affrontare l’Iran”. Secondo l’economista, esperto di finanza islamica dell’Università Cattolica di Milano Rony Hamaui, “si è trattato di creare un fronte sunnita in funzione anti-Iran, anche se ne siamo ancora lontani, ma si è tastato il terreno per il futuro”.
La dichiarazione congiunta di Mike Pompeo e Netanyahu usa parole forti, in particolare “affrontare l’Iran per stabilire la pace in Medio Oriente”. Come tradurrebbe questo messaggio in termini realistici?
Ritengo che questa conferenza sia stata un momento in cui si è voluto mettere insieme il mondo sunnita, con qualche eccezione, perché il mondo sunnita non è sempre unito. L’obiettivo era questo.
In chiave anti-Iran? E in che modo si dovrebbe muovere questo fronte?
Con l’Iran come al solito si usano la carota e il bastone. In questo difficile equilibrio le dichiarazioni si susseguono e quindi bisogna prenderle per quello che sono.
Stupisce il coinvolgimento israeliano con parte del mondo arabo.
Israele sta cercando di ricostruire rapporti con diversi paesi arabi, il premier israeliano è andato in Marocco, c’è stata la visita in Oman, una serie di riavvicinamenti che sono un aspetto di novità. Lo spirito è costruire una coalizione anche araba per affrontare l’Iran, il che non è da intendere dal punto di vista militare, ma più in generale.
Esiste ormai da tempo una triplice alleanza in chiave anti-iraniana, quella tra Usa, Israele e Arabia Saudita. Il nodo principale è la forte presenza iraniana in Siria?
Non solo, quello è uno dei vari elementi. Quello che dà più fastidio è che oggi l’Iran è meno isolato di un tempo. Anche se economicamente è stato un disastro, la rivoluzione iraniana celebra il 40esimo anniversario e anche le dittature più lunghe difficilmente resistono così tanto se non hanno dietro dei consensi internazionali. In un mondo bipolare come quello attuale l’Iran si è costruito alleanze con la Russia e con la Cina dove esporta petrolio e quindi Usa e Israele stanno cercando di costruire un fronte sunnita. Per certi versi la conferenza è stata importante in questo senso, un momento in cui si è cercato di chiudere i ranghi. Trump è sempre così, un po’ minaccia un po’ dialoga, non credo voglia arrivare fino al conflitto ma lo vuole minacciare.
In questo quadro l’Unione Europea, che ha mantenuto fede all’accordo sul nucleare con Teheran, gioca qualche ruolo?
L’Europa sta tentando di muoversi ma è così divisa in questo momento che è difficile pensare si contrapponga agli Stati Uniti. L’egemonia americana dal punto di vista finanziario è aumentata, il ruolo del dollaro è più importante, l’Europa ha prodotto soltanto l’asse franco-tedesco che è molto poco. La presenza europea è abbastanza marginale.
Il ruolo di Russia e Cina invece?
Cina e Russia si muovono in maniera diversa. La Russia è forte militarmente ma debole economicamente, la Cina è l’opposto. I due sono per certi versi complementari. Lo scenario è di grande mobilità così come lo scenario interno iraniano. Quello che succede davvero in Iran non lo capiamo, è una realtà molto complessa e questo regime non è a senso unico. La società iraniana è molto diversificata, così anche la politica. In questo momento sono aperti tutti gli scenari, una partita a scacchi molto complicata. Stanno tutti ancora annusandosi per capire fino a dove possono spingersi.
In caso l’Iran accettasse le condizioni dei suoi avversari, che quadro mediorientale si avrebbe?
Se l’Iran accettasse le condizioni il quadro cambierebbe in modo radicale, perché il mondo sunnita sarebbe meno unito e se domani non ci fosse più questo nemico unico comune si aprirebbero diversi fronti. Il mondo arabo è molto frammentato a tutti i livelli. Venendo a mancare il collante del nemico unico comune queste fratture si riaprirebbero con nuove alleanze e con scenari inimmaginabili.
(Paolo Vites)