Da tempo è nell’occhio della tempesta per aver avuto il coraggio di rivelare un tragico momento della sua vita personale, l’attore irlandese Liam Neeson si è visto cancellare la prima del suo nuovo film Un uomo tranquillo e ricevere centinaia di insulti di razzismo. Neeson aveva rivelato che anni fa, in un momento di rabbia che gli aveva fatto perdere la testa dopo aver saputo che una sua amica era stata stuprata da un nero, andava in giro con una mazza per uccidere il primo che gli fosse capitato a tiro. Uno sbandamento durato pochi giorni di cui adesso si dice pentito, ma non è bastato a farlo diventare il cattivo del cinema, con una carriera a rischio. Lo spiega in questa intervista pubblicata da La Stampa in cui dice chiaramente di non essere razzista. Il film Un uomo tranquillo sarà nei cinema italiani dal 21 febbraio, remake di In ordine di sparizione dello stesso regista, Hans Petter Moland. E’ la storia di un padre che vuole vendicarsi con gli assassini del figlio, qualcosa che ricorda la sua vicenda personale. Lo dice lui stesso citando l’episodio della sua amica, successo peraltro 40 anni fa quando Neeson era un giovane: “Ho provato un desiderio di vendetta primario, animale. Era sbagliato allora e lo è adesso, è orribile. Parlai con un prete, andai in terapia. Non sono razzista, se lo stupratore fosse stato bianco avrei reagito allo stesso modo”.
LIAM NEESON E IL CASO RAZZISMO
Da questa storia, dice Liam Neeson, ha imparato che bisogna parlare, aprirsi, e che la vendetta genera solo vendetta, l’intolleranza genera intolleranza. Dice che bisogna anche imparare a sorridere della tragedia umana, ma che l’unica cosa di cui non riesce a ridere è Trump, il presidente americano. La sua formazione, dice, è stata guardando commedie vaudeville, venendo in America ha scoperto comici come Robin Williams e i fratelli Coen, diversi da tutto quello che conosceva.Tra i tanti film recitati, anche un periodo dedicato ai film d’azione: “Credo che il sole stia tramontando su quel genere, sono stato fortunato a farne parte”. Da trent’anni, lui irlandese, vive negli Stati Uniti: “Mi considero un meticcio, ho fatto un test del dna, credevo di essere 100% irlandese invece per il 6% sono risultato portoghese”. Da sei anni ha smesso di bere. Da bambino dice che accompagnava il nonno ai funerali e al ritorno si fermavano al pub. “Lui ordinava Guinness, io aspettavo che la schiuma scendesse e bevevo: lui mi guardava tutto contento e io pensavo, da grande lo farò anche io”.