M5S RITIRA TAGLIO PENSIONI SINDACALISTI
Colpo di scena in tema di riforma delle pensioni. Nel giorno in cui è iniziato in commissione Lavoro al Senato l’esame del decreto relativo alle misure come Quota 100 e il reddito di cittadinanza, si è appreso che il Movimento 5 Stelle ha deciso di ritirare l’emendamento con cui proponeva di intervenire sulle pensioni dei sindacalisti. È molto probabile che il “ritiro” della misura sia temporaneo e che la proposta, mirata a intervenire anche sugli assegni in essere e non solo su quelli futuri, venga ripresentata magari in una formula più efficaci e a prova di eventuali contestazioni con un nuovo emendamento nel corso dell’iter parlamentare del “decretone”. Del resto nei giorni scorsi, specie a cavallo della manifestazione unitaria dei sindacati, lo stesso Luigi Di Maio si era speso molto nell’annunciare il taglio dei privilegi previdenziali dei sindacalisti, che da parte loro, almeno per bocca del Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, avevano già detto di essere pronti a eventuali ricorsi, laddove si fosse intervenuti su pensioni erogati senza contravvenire alcuna norma.
L’OPPORTUNITÀ PER LA PA
In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, Alberto Avoli, Procuratore generale della Corte dei Conti, ha tenuto un discorso davanti, tra gli altri, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tra i temi affrontati, stando a quanto riporta Adnkronos, anche quello della riforma delle pensioni con Quota 100. Secondo Avoli, “le recenti disposizioni in materia previdenziale, che facilitano i percorsi di pensionamento del personale, suscitano notevoli preoccupazioni circa le ricadute sulla organizzazione degli uffici per i vuoti negli organici che presumibilmente si apriranno copiosi nel breve termine”. Dunque potrebbero esserci dei problemi con l’introduzione del nuovo sistema pensionistico. Anche se Avoli non nasconde che “tali vuoti, tuttavia, costituiscono una occasione unica da non perdere per promuovere il ricambio generazionale nei quadri pubblici con l’immissione in ruolo di risorse portatrici di professionalità specifiche, maggiormente aperte all’innovazione dei processi di gestione e al corretto utilizzo delle tecnologie”.
SALVINI E LE DOMANDE PER QUOTA 100
Matteo Salvini commenta con un breve tweet l’ultimo dato relativo alle domande presentate all’Inps per accedere a Quota 100: “50mila italiani hanno scelto il diritto alla pensione con #Quota100, in poco meno di un mese (ma non ditelo alla Fornero). Dalle parole ai fatti!”. Non esprime lo stesso entusiasmo per la riforma delle pensioni Alfonso Gianni, che in un intervento sull’Huffington Post scrive che i due provvedimenti cardine del Governo, “un reddito di cittadinanza che tale non è, essendo condizionato all’accettazione di collocazioni lavorative persino a termine, e quota 100 che non cancella affatto la ‘riforma’ Fornero, sono peraltro bersagliati dalla guerriglia emendativa che i due contraenti il contratto di governo si fanno a livello parlamentare. In ogni caso è già previsto che se mancheranno le risorse, un provvedimento si mangerà l’altro e con le cifre previste dall’uno e la riduzione dell’assegno pensionistico dell’altro c’è ben poco da sperare in tema di rilancio della domanda interna”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SARACENO
Anche secondo Chiara Saraceno la riforma delle pensioni con Quota 100 “non è il superamento della riforma Fornero perché la maggior parte dei lavoratori continuerà a dover andare in pensione con le regole introdotte con quella”. Intervistata da pensionipertutti.it, la sociologa spiega che la misura del Governo “introduce un’ulteriore forma di disuguaglianza tra lavoratori: tra chi ha avuto storie contributive ininterrotte e ha maturato una pensione sufficiente e chi ha storie lavorative più interrotte e ha maturato una pensione più bassa. I primi, per lo più uomini che vivono al Nord, potranno andare in pensione più giovani e goderla più a lungo, perciò con un elevato rischio che la loro pensione ad un certo punto sia pagata dai fondi pubblici, quindi a carico delle generazioni più giovani. I secondi dovranno andare in pensione con le regole standard, cioè più vecchi, e ne fruiranno per meno anni”.
Dal suo punto di vista, “le donne è più probabile che si trovino nel secondo gruppo, vuoi perché hanno carriere contributive più corte/interrotte, vuoi perché, per questo motivo e per i differenziali salariali, maturano pensioni più basse”. Saraceno evidenzia anche che da tempo sostiene che alle donne “che hanno avuto figli e alle donne e uomini che si sono presi cura di un famigliare non autosufficiente dovrebbero essere riconosciuti contributi figurativi”. Inoltre, ritiene “l’opzione donna un imbroglio a carico delle donne: si fa pagare loro in termini di riduzione della pensione la possibilità di lasciare ‘precocemente’ il lavoro per occuparsi, gratuitamente, del lavoro di cura nei confronti di anziani, un marito, nipoti”.