A Renzi sfugge che è dai tempi di Tangentopoli che in l’Italia si dibatte intorno all’annoso problema della giustizia. E che un leader serio non può piagnucolare quando il problema lo tocca da vicino.
In questi trent’anni la sinistra ogni volta che ha governato (complessivamente per ben 17 anni su 27) ha derubricato il tema “riforma della giustizia” come si trattasse di generici problemi di funzionamento o di scarsa efficienza, negando di fatto la vera natura della questione. Buon ultimo in ordine di tempo, è da ricordare il fallimentare lustro della gestione Orlando, ministro Pd del governo Renzi-Gentiloni. Eppure, in 5 anni e con un po’ di coraggio, uno straccio di riforma la si sarebbe potuta e dovuta tentare. In realtà, mai e poi mai ci si è posto seriamente il problema di ristabilire l’equilibrio dei poteri tra politica e magistratura a favore della prima, equilibrio peraltro previsto dalla Costituzione e che si era rotto drammaticamente nel 1992 e quindi mai più ricomposto. Questo è il vero tabù della storia italiana di questi anni.
C’è poi da aggiungere che nei restanti 10 anni del trentennio ha governato Berlusconi, che per ben tre volte (nel 1994, nel 2001 e soprattuto nel 2008) ha vinto largamente proprio in virtù di un impegno assunto dal centro-destra di riformare la giustizia, impegno poi come sappiamo del tutto disatteso.
Sono queste responsabilità a rendere ormai delle mere lamentazioni le proteste dei vari politici che a turno, quando si sentono colpiti personalmente, denunziano i comportamenti sospetti di qualche procura.
La sinistra in questo paese non è percepita come una forza garantista. È vista come la parte politica che più si è avvantaggiata dell’uso della giustizia come arma per colpire l’avversario: per decenni ha cavalcato l’anti-berlusconismo, oggi l’anti-salvinismo. Le urla dei componenti del Pd in giunta per le autorizzazioni a procedere contro il voto di maggioranza che ha respinto la richiesta della procura di Catania su Salvini non ne è che l’ultimo esempio.
Il paese reale è stanco di questa situazione, e vi è una componente “giustizia” nella spinta populista di questi ultimi anni che interessa sia il Movimento 5 Stelle che la Lega. Il Pd sbaglia a non cogliere questa istanza e a lasciarsi trascinare in una campagna “giustizialista” contro Salvini, dimostrando ancora una volta che questo è l’unico modo che gli è rimasto di fare opposizione. Senza rendersi conto che la reazione sdegnata sulla coincidenza tra il voto su Salvini e l’arresto dei genitori di Renzi altro non è che la dimostrazione di una plateale contraddizione e la prova dell’assedio in cui si sentono costrette le falangi renziane. O – come qualcuno fa notare – la loro definitiva “berlusconizzazione”.
Forse per questo risulta particolarmente pesante il silenzio di tutto il resto del Pd.