Alberto Rizzoli ha aperto il fuoco intorno alle 15:30 di ieri, venerdì 22 febbraio 2019, all’interno della sua tenuta di caccia. Ma cos’ha spinto l’imprenditore ed editore italiano a farla finita con un colpo di pistola all’età di 74 anni. Secondo quanto riportato da La Provincia Pavese, alla base del gesto vi sarebbero i problemi di salute che affliggevano ormai da tempo l’erede di una delle famiglie più importanti dell’editoria italiana. Famiglia di cui aveva raccontato storia e retroscena, ascesa e declino nel libro “Rizzoli, la vera storia di una grande famiglia”, scritto a quattro mani dall’altro nipote “superstite” della dinastia, Nicola Carraro. Ieri il tragico epilogo, su cui gli inquirenti non nutrono dubbi: Alberto Rizzoli si è suicidato, vano ogni tentativo di sottrarlo al proprio destino. (agg. di Dario D’Angelo)
IL SUICIDIO DI ALBERTO RIZZOLI
Alberto Rizzoli è stato trovato già agonizzante nella sua tenuta a Rognano, lungo il confine fra la provincia pavese e quella di Milano. 74 anni, secondogenito di Andrea Rizzoli, è morto dopo il ricovero presso il policlinico San Matteo di Pavia, a causa delle gravissime ferite riportate. Si è sparato con la sua pistola regolarmente detenuta, e gli inquirenti non sembrano aver dubbi sul fatto che la vittima abbia fatto tutto da solo. Quello di Alberto è il secondo suicidio per la nota famiglia di editori, dopo che la sorella Isabella si era tolta la vita nel 1987. Una famiglia segnata da un tragico destino quella Rizzoli, come spesso e volentieri accade per i nobili, gli aristocratici, o comunque per le grandi famiglie di imprenditori. Il padre di Alberto, Angelo, era morto di infarto nel 1983, quando il figlio Alberto era detenuto in carcere per «bancarotta patrimoniale societaria in amministrazione controllata». Una vicenda che segnò profondamente anche la sorella Isabella, che cadde in depressione, e che si suicidò quattro anni dopo. Alberto Rizzoli aveva deciso di abbandonare per sempre il mondo dell’editoria dopo la detenzione (seppur durata solo 21 giorni), per ritirarsi nella sua tenuta, lontano dai riflettori. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
ALBERTO RIZZOLI È MORTO: SI È SUICIDATO
È morto Alberto Rizzoli, il nipote del fondatore della casa editrice di famiglia. A scoprire il corpo agonizzante del 74enne è stato il guardiacaccia che ha provato a soccorrerlo e ha poi chiamato il 118. Per il nipote di Angelo Rizzoli non è stata una morte naturale: si è suicidato sparandosi con un colpo di pistola alla Garzaia di Villarasca, l’oasi naturale di cui era stato proprietario a Rognano, nel Pavese. La morta però è sopraggiunta poco dopo il ricovero al Policlinico San Matteo di Pavia. Secondo quanto riportato da La Repubblica, pare che il gesto estremo di Alberto Rizzoli, che è stato per alcuni anni amministratore delegato dell’azienda di famiglia, sia legato a problemi di salute. Alberto Rizzoli si è suicidato nel pomeriggio di oggi, venerdì 22 febbraio 2019, verso le 15.30, secondo quanto riportato dalla Provincia Pavese. Il mondo dell’editoria è ora in lutto per la morte di Alberto Rizzoli, uno degli eredi della famiglia di editori.
MORTO ALBERTO RIZZOLI: SI È SUICIDATO
Nato il 18 febbraio 1945, Alberto Rizzoli, che aveva quindi compiuto da pochi giorni 74 anni, è stato un imprenditore ed editore italiano. Una tradizione di famiglia, visto che era figlio secondogenito di Andrea Rizzoli e Lucia Solmi. È è stato amministratore delegato dell’omonima casa editrice, che negli anni Settanta era il primo gruppo editoriale italiano. La sua attività nella casa editrice di famiglia cominciò quando aveva 19 anni. Dopo aver svolto compiti di crescente responsabilità, divenne amministratore delegato nel 1974. Nello stesso periodo è stato anche presidente della cartiera di Marzabotto. Abbandonò la società nel 1979 in disaccordo con la gestione del fratello Angelo, detto Angelone. Quindi un anno dopo fondò la casa editrice Quadratum, che rilanciò riviste come La Cucina Italiana, Successo e Weekend. Nel 1983 entrò in amministrazione controllata la RCS: venne arrestato e rilasciato dopo 21 giorni, poi prosciolto in istruttoria. Lasciata l’attività editoriale, gestiva un’azienda agricola alle porte di Milano.