Efficacia e inefficacia educativa. Esame critico della knowledge base è il volume, edito da Springer, che a breve sarà disponibile gratuitamente sul portale Invalsi, grazie al supporto dei fondi europei Pon. Il professor Jaap Scheerens dell’Università di Twente, in Olanda, è l’autorevole fonte da cui arrivano alcuni tentativi di risposta alle domande “cosa funziona?”, “perché funziona?” e “in che modo funziona?” nella scuola.
Il volume raccoglie, nello specifico, 50 anni di ricerche nazionali e internazionali, meta-analisi su quello che a livello di sistema, di scuola e di classe è rilevato come efficace ed efficiente nel miglioramento degli apprendimenti. E dunque: what works? Cosa sembra evidenziare un maggiore impatto sui risultati dell’apprendimento?
Una prima considerazione è che gli aspetti legati al curricolo sono più importanti rispetto a quelli che interessano l’organizzazione. Le ricerche dimostrano che l’esame centralizzato è una delle poche cose che si rivela sempre utile. A fronte di effetti complessivamente modesti, si conferma l’influenza di fattori predeterminati e su cui si ha scarsa influenza (status socio-economico e culturale, culture nazionali, strutture tradizionali) e una scarsa elasticità (alti investimenti iniziali, effetti modesti). I risultati dipendono dalle caratteristiche della ricerca: in generale, però, quanto più lo studio presenta una precisione metodologica e si rivolge ai gradi scolastici superiori, tanto più gli effetti sono ridotti.
La notizia positiva, almeno da un punto di vista metodologico, è quella che è stata definita come “plurifinalità”: apparentemente metodi piuttosto diversi mostrano lo stesso effetto (per esempio, l’insegnamento strutturato e l’insegnamento costruttivista).
La ricchezza del lavoro è quello di fornire una lettura su più livelli e di consentire l’accesso a una letteratura scientifica che, diversamente, è di difficile accessibilità. È una sintesi efficace, perché condotta alla luce della teoria: i dati abbinati sono presentati alla luce di approcci teorici che ci consentono di prendere decisioni a diversi livelli.
Quali sono i limiti della ricerca? I risultati di apprendimento di alcune discipline sono l’unico output considerato. Come sottolinea il professor Palumbo, intervenuto in occasione della presentazione del volume il 5 febbraio a Roma, non basta chiedersi “what works?”: è una logica troppo semplicistica, che mette in collegamento in modo lineare la causa con l’effetto. È necessaria una logica di “causalità generativa” in grado di collegare il meccanismo al contesto (micro-catene causali), sottolineando l’uso concettuale piuttosto che quello strumentale delle valutazioni.
Gli approcci al miglioramento sono diversi a seconda delle situazioni: portare una scuola dal livello basso al livello medio richiede interventi diversi che portare una scuola dal livello medio al livello alto. La valutazione non è facile da farsi, sia per una forma di resistenza delle scuole, sia per una bassa capacità di saper utilizzare i dati della valutazione.
Emerge la necessità di promuovere le ricerche longitudinali con strumenti stabili nel tempo e di capire come dialogare con i decisori politici, perché spesso risultati non esaltanti rischiano di essere percepiti come un insuccesso della ricerca stessa. Diversamente, le ricerche serie che curano la validità e l’affidabilità dei dati sono tanto rare quanto preziose per capire “what works?” Perché valutare le politiche vuol dire raccogliere dati: raccogliere dati validi per emettere giudizi sensati.