L’ha detto Save the children e come si fa a metterlo in dubbio? Tre ragazzi su cinque sono vittima di discriminazioni. Le categorie dei discriminati sarebbero principalmente gli omosessuali, gli appartenenti alla comunità rom, gli obesi e quelli di colore. Almeno secondo i più di duemila studenti intervistati nelle scuole di secondo grado di tutta Italia. Subito dopo le suddette categorie vengono gli islamici e poi i poveri.
Bisognerebbe capire come sono state condotte le interviste, come erano formulati i quesiti. In ogni caso il dato non pare oggettivo, ma piuttosto relativo alle “sensazioni” degli intervistati. Insomma, la domanda, probabilmente, era: “Secondo te chi potrebbe essere considerato oggi come un diverso?”. E le risposte, infatti, sono molto politically correct. Peccato che la realtà sia anche diversa da questa correttezza del pensiero unico.
Attenzione, qui non si vuol dire che non esistano pregiudizi e un’effettiva chiusura nei confronti delle diversità sopra citate. Si vuole solo ampliare di molto il panorama a casi di discriminazione forse meno clamorosi, meno rinomati, ma quotidiani, presenti in ogni aula scolastica, di ogni ordine e grado, del nostro Paese. Più presenti di quelli ipotizzati dagli intervistati di cui sopra.
Oggi cominci presto ad essere discriminato, a scuola, tra i compagni di banco. Se non hai addosso l’abbigliamento che conta, se non puoi permetterti lo zaino, le scarpe, il giaccone, la maglietta, lo zuccotto che hanno tutti, quello che va di moda, sei fuori. Sei un “povero”, appunto. Già i bambini, che riescono ad essere perfidi, sparano giudizi sui loro coetanei, non appena cominciano a far uso di ragione. Se non hai la playstation, se non giochi all’ultimo videogame, sei una mezza tacca, non vali niente. Sei fatto fuori dal circoletto di quelli che tutti i santi giorni stanno lì davanti al video. Per andare in cerca di “diversi” non bisogna per forza scomodare le tendenze sessuali, la nazionalità, la religione. E a proposito di religione, non c’è bisogno di essere islamico: anche il ragazzo che frequenta la parrocchia cattolica oggi non va più di moda, ed è un diverso da ghettizzare.
Quando si sale di fascia d’età si va sul tosto. Non fumi? Sei un diverso. Non fai sesso precoce? Sei un diverso. Non ti sballi il sabato sera? Sei un diverso. Ti rompi i marroni a fare ogni sabato pomeriggio le vasche al corso? Sei un diverso. Non frequenti le discoteche? Sei un diverso. Non cambi spesso l’iPhone? Ti costruisci una fama di diverso. E praticamente ti scavi la fossa. Il conformismo tra i giovani è un valore. Tutti uguali, tutti copie: stessi vestiti, stessi riti, stessi atteggiamenti, dalle Alpi alla balza di Scilla e anche più giù. Mai come oggi la diversità è stata un delitto!
Ma questa discriminazione della diversità i giovani non la sanno mettere in discussione, non la vedono nemmeno, ci convivono. E se li intervisti ti diranno degli omosessuali, di quelli di colore, degli obesi, dei rom. E magari subito dopo che ti hanno risposto, volteranno le spalle alla ragazzina sensibile e timida, con la quale non parla mai nessuno; o a quello che si veste “strano”, solo perché non indossa l’uniforme di tutti.
Pasolini nel lontano 1974 fu non solo un preciso osservatore di quello che già allora accadeva, ma un profeta: “Il Potere ha deciso che noi siamo tutti uguali. L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, per non sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza”. C’era l’Urss a quell’epoca, e Pasolini non riusciva a vedere, nei comportamenti sociali, molta differenza nel modo di vivere l’uniformità da parte dei popoli di qua e di là della cortina.
Il Potere ha deciso che dobbiamo essere uguali e i giovani sono i primi ad ossequiare questo Potere. Poi ti faranno la morale, ti diranno che non bisogna discriminare, che bisogna essere tolleranti, solidali… ti diranno tutte quelle cose che sentono ripetere al corso di cittadinanza e magari si crederanno pure buoni. Ma la loro egolatria triste e sfacciata non la metteranno in dubbio, non la giudicheranno. Perché in effetti molte volte sono quotidianamente dei carnefici di chi hanno attorno e ha solo lo stigma di differenziarsi dalla massa e dai valori della massa.
Questa dolorosa discriminazione è in atto tutti i giorni e nessuno salva i ragazzi discriminati. Nessuno ne parla. Forse neanche Save the children.