Sono passate 24 ore dopo i rumors avanzati dal Times e dal quotidiano Al-Akhbar ma di conferme o prove che effettivamente Padre Dall’Oglio sia ostaggio dell’Isis non ne sono emerse neanche dalle autorità ufficiali dei curdi e siriani presenti a Baghuz nell’offensiva finale contro Daesh. Hanno parlato da Roma i suoi confratelli gesuiti della Civiltà Cattolica spiegando come le speranze non siano mai morte ma occorrono informazioni più dettagliate per comprendere quale sia effettivamente il destino del sacerdote missionario in Siria: «per molti anni non si è saputo nulla ed è strano che non si siano mai avute notizie. Adesso nessuno ha portato prove o una fotografia che dimostrino che è ancora vivo», spiega padre Giampaolo Salvini, direttore emerito di Civiltà Cattolica. Non solo, sempre il gesuita ricorda come «al giorno d’oggi si fa in fretta a scattare una foto e invece non c’è nulla. Rimango in contatto con la famiglia e anche loro sono in attesa: aspettano e pregano perché sia vero».
I DUBBI RESTANO
La liberazione è imminente e le trattative sono in corso: le speranze “riaccese” però in giornata dalla Siria lasciano non pochi “dubbi” specie sulla veridicità delle informazioni emerse da Al-Akhbar. Fides ha utilizzato un panegirico per far capire come la notizia potrebbe essere vera anche se assolutamente ancora tutta da verificare – «La notizia è definita degna di non essere respinta come inattendibile» – mentre dalle autorità locali in Baghuz pesa e tanto il caos generato dal forcing finale delle forze curdo-siriane contro gli jihadisti ancora asserragliati nella “gabbia” vicino al confine iracheno. La diplomazia vaticana intanto prosegue nei lavori “sottotraccia”, come emerso dall’incontro in udienza privata di Papa Francesco lo scorso 30 gennaio con i familiari di Padre Paolo Dall’Oglio: il 13 febbraio si è tenuta a Roma una fiaccolata in suo nome organizzata dalla “Associazione giornalisti amici di padre Paolo Dall’Oglio”. Intanto si fanno più “pressanti” i riflettori internazionali sulle trattative in corso tra Isis e forze curde dopo che negli scorsi giorni le milizie fuori Baghuz avevano respinto la “proposta” di Daesh di liberare tutti gli ostaggi in cambio di un salvacondotto per uscire dalla località di Baghuz.
LE SACCHE DI RESISTENZA ISIS
Dopo quasi sei anni di prigionia potrebbe essere imminente, stando a fonti curde, la liberazione di Padre Paolo Dall’Oglio, il prete gesuita rapito il 29 luglio del 2013 nei pressi di Raqqa (Siria) e di cui si erano oramai perse le tracce nonostante la costante attenzione dei media e della comunità internazionale al suo caso. Infatti, dopo le indiscrezioni pubblicate a suo tempo dal Times, adesso è arrivata la conferma da parte di alcuni media libanesi e in particolare la testata Al-Akhbar, molto vicina al partito degli Hezbollah: Dall’Oglio si troverebbe prigioniero di una delle ultime “sacche” di resistenza dell’ISIS nella regione, in quella che è conosciuta come la “gabbia di Baghuz” assieme ad altri civili tenuti in ostaggio. I negoziati per la loro liberazione tra le forze curdo-siriane e gli ultimi miliziani fedeli a Daesh si sarebbero intensificati proprio negli ultimi giorni e pare che per la liberazione del religioso gesuita la richiesta da parte dei rapitori sarebbe quella di una sorta di ‘lasciapassare’ che consenta ad alcuni leader jihadisti di poter fuggire incolumi dall’area oramai riconquistata dall’esercito curdo. (agg. di R. G. Flore)
FONTI CURDE ANNUNCIANO L’IMMINENTE LIBERAZIONE
Fonti curde riportate dall’Agenzia Fides danno ancora qualche “speranza” per le condizioni e il destino di Padre Paolo Dall’Oglio, il prete rapito in Siria nel luglio 2013 dopo 35 anni di testimonianza e missione proprio nel Paese mediorientale: stando alle fonti date al quotidiano libanese Al Akbar (vicini a Hezbollah, ndr) il sacerdote italiano potrebbe trovarsi nelle mani dell’Isis tra gli ultimi ostaggi presenti nella roccaforte da qualche giorno assediata dal forcing finale delle milizie curdo-siriane con l’appoggio degli americani. «Ci sono ancora civili tenuti in ostaggio dai miliziani dello Stato Islamico nell’ultima sacca di territorio controllata dai jihadisti nel sud-est della Siria», e in quella sacca potrebbe trovarsi anche il gesuita romano scomparso a Raqqa nell’allora roccaforte siriana di Daesh. Le fonti citate da Fides (che fa capo ricordiamolo alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli) addirittura scrivono che la liberazione di Dall’Oglio potrebbe essere imminente assieme a quella degli altri ostaggi curdi e occidentali ancora in mano all’Isis nella “Gabbia di Baghuz”, l’ultimo villaggio dove vivono asserragliati ancora decine di jihadisti terroristi.
LE NUOVE “SPERANZE” SU PADRE PAOLO DALL’OGLIO
Secondo il quotidiano libanese i negoziati per la liberazione di Padre Paolo e degli altri ostaggi si sarebbero intensificati negli ultimi giorni: non solo, vi sarebbe anche un accordo di fondo già pronto tra i miliziani Isis e le forze alleate, anche se da più parti giungono “freni” sulla completa soluzione del forcing finale anti-Stato Islamico. Come spiega Vatican Insider, la presenza di 24 ostaggi ritenuta certa dalla fonte irachena, significa «che anche il loro destino, dopo essere stati sequestrati e tenuti dall’Isis come scudi umani, potrebbe essere segnato in caso di fallimento del negoziato». Dunque le speranze ci sono di rivederlo vivo dopo 6 anni di prigionia e torture per il solo essere un “testimone cristiano” che operava in pace nel territorio siriano, eppure per Padre Dall’Oglio già troppe volte nel recente passato fake news e quant’altro hanno alimentato false speranze. Dal 7 febbraio le autorità militari curde smentiscono la presenza di ostaggi stranieri o internazionali, ma nelle ultime giornate voci di una loro presenza arrivano dai civili messisi in salvo dopo l’assedio a Baghuz. Uno di loro ha raccontato al Times che vi sarebbero tra gli altri un giornalista britannico, John Cantlie, una infermiera neozelandese dal nome ancora “coperto” e per l’appunto il gesuita italiano Padre Paolo Dall’Oglio.