Il manifesto di Macron per un “rinascimento europeo” è stato pubblicato e tradotto in ogni Paese europeo; alla vigilia di elezioni che cambieranno sensibilmente il Parlamento europeo è lecito aspettarsi che il dibattito continui soprattutto in una fase in cui l’Europa si misura con la sfida di uno scontro sempre più muscolare tra Cina e Stati Uniti. Negli ultimi giorni su questo fronte abbiamo avuto altri sviluppi. Il primo è arrivato dalla Germania e in particolare dal leader della Cdu Kramp-Karrenbauer che ha sostanzialmente rigettato l’idea di un salto in avanti nell’integrazione europea proposta da Macron: “Il centralismo europeo, la condivisione dei debiti e dei sistemi sociali e il salario minimo sarebbero un approccio sbagliato”. In sostanza per la Germania l’euro e l’Unione europea vanno bene così come sono e si deve continuare a costruire lentamente e incrementalmente. Non dovremmo stupirci perché da qualsiasi angolo prendiate la storia economica del continente degli ultimi 20 anni emerge un solo grande vincitore che ha usato la piattaforma comune per accumulare un surplus commerciale e fiscale record, surclassando la competizione europea e guadagnando quote di commercio in Europa sproporzionate.
La seconda notizia è apparsa su diversi organi di informazione finanziaria “mainstream” senza travalicare l’ambiente degli addetti ai lavori. Si sarebbe aperto un fronte tra Grecia e Unione europea con la prima colpevole di voler deviare dal percorso di riforme. Questa disobbedienza bloccherebbe un miliardo di euro di aiuti sul debito. In particolare la polemica verterebbe sull’intenzione del Governo greco di voler introdurre una norma troppo protettiva per i proprietari di una prima casa in difficoltà con i pagamenti. Per l’Unione europea, ci informa Bloomberg, le norme volute dal Governo greco sarebbero troppo generose. La ricetta imposta alla Grecia durante la crisi dei debiti sovrani viene a posteriori giudicata un errore colossale.
La Grecia ha perso il 30% del proprio Pil dal 2011, ha una disoccupazione al 19% e 3 giovani su 10 emigrano. In questa situazione la Grecia condivide la stessa moneta della Baviera, la stessa area commerciale e applica le riforme decise da un organo non eletto sotto la minaccia del default. Anche ammettendo che i greci siano il peggio assoluto, forse anche l’Unione europea dovrebbe farsi un esame di coscienza. Soprattutto bisognerebbe chiedersi se la Grecia da sola e in questo contesto e con queste regole abbia la forza di riprendersi dopo una fase che è equiparabile, negli effetti economici, a quella di una guerra o se l’Europa in quanto tale come Stato che ambisce a un ruolo globale se ne debba in qualche modo fare carico con progetti di sviluppo fatti con i soldi di tutti. Sarebbe giusto perché l’euro che dovrebbe essere la moneta di tutti oggi beneficia tanto alcuni e pochissimo altri. Invece l’approccio europeo alla Grecia è lo stesso del 2011.
Oggi, concludendo, la Germania si oppone, inevitabilmente, al “rinascimento europeo” di Macron che, volendo essere cinici, sembra un proclama a uso e consumo del dibattito politico interno francese. La Grecia è ferma al 2011 con l’economia distrutta e i porti e gli aeroporti venduti a tedeschi o cinesi. L’Europa non cambia e non cambiando non risolve i suoi squilibri e tra questi quello di un surplus tedesco fuori controllo a danno dei partner commerciali extraeuropei. Questo ha due conseguenze: che le pressioni sull’Europa e le diffidenze interne sono destinate ad aumentare.
L’unica cosa su cui tutti concordano infatti è che l’Europa così non va e che non è attrezzata per le sfide odierne. L’altra cosa su cui si comincia a concordare è che l’Europa, come progetto politico, abbia già perso la sua partita. Si avvicina per tutti il tempo delle scelte. Farsi trascinare dagli eventi inebetiti dall’ideologia su un’Europa che continua a non esserci non sembra un’opzione particolarmente promettente. Ognuno è per conto suo.