In attesa del nuovo voto per la proroga della Brexit, continua la situazione di caos politico nel Regno Unito dove la premier Theresa May incassa una sconfitta dietro l’altra ma dal canto suo l’opposizione laburista non riesce a proporsi come alternativa credibile ed è ondivaga sulle sue posizioni. Anche per questo motivo una mano tesa verso il Parlamento di Westminster viene proprio dalla stessa Unione Europea e per voi del Presidente del Consiglio, Donald Tusk: quest’ultimo, con un tweet ha fatto sapere che presto chiederà ai 27 Stati Membri dell’Unione una eventuale disponibilità a concedere una proroga sui termini dell’uscita della Gran Bretagna, in modo da dare così alla May più tempo per districarsi in quella che è diventata una vera e propria palude che mette oramai a repentaglio il suo debole esecutivo e nel quale il malcontento del fronte Tory è evidente nei confronti di una leader che pare pure aver perso la sua autorevolezza. (agg. di R. G. Flore)
CAOS IN UK, “CHI HA L’AUTORITA’ PER CHIEDERLA?”
Si vota oggi la proroga della Brexit, la possibilità che l’Unione Europea ritardi la data di scadenza del prossimo 29 marzo. Il voto è tutt’altro che scontato anche perché in Gran Bretagna sta di fatto regnando il caos dopo il “no” all’accordo raggiunto dalla May con Bruxelles. Il governo britannico è stato praticamente destituito e ieri il “no-deal” non è passato solamente per quattro voti. Molti coloro convinti che la Gran Bretagna debba uscire dall’Ue entro e non oltre il prossimo 30 marzo, anche perché, prorogare l’uscita cambierebbe lo scenario o significherebbe solamente ritardare l’inevitabile? A descrivere al meglio questo quadro di esagerata incertezza, ci ha pensato Stephanie Kelly, Senior Political Economist di Aberdeen Standard Investments, che in vista del voto di questa sera ha spiegato: «Una delle grandi questioni a cui gli investitori guardano con attenzione è esattamente la motivazione che il Regno Unito presenterà all’Unione Europea per giustificare un’estensione dell’articolo 50. Il problema è che, con il Parlamento così diviso sulla questione Brexit, non è chiaro chi abbia esattamente l’autorità sufficiente per presentare una ragione chiara e convincente». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, OGGI IL VOTO SULLA PROROGA
In serata si terrà il terzo voto consecutivo che la Premier May chiederà al Parlamento inglese in merito, questa volta, al rinvio della scadenza Brexit fissata il 29 marzo: «E’ stato suggerito che le elezioni europee di maggio rappresentano un ‘ostacolo insuperabile’ a qualsiasi estensione della permanenza del Regno Unito nella Ue che vada oltre i 2-3 mesi. Questa è una presentazione troppo semplificata e in ultima analisi falsa della situazione», ha spiegato l’avvocato generale della Corte di giustizia europea Eleanor Sharpston. Intanto il leader del Labour Jeremy Corbyn sulla mozione anti no-deal ha commentato «è ora che sia il Parlamento a prendere il controllo del processo verso la Brexit». Dopo la richiesta invece rivolta da Tusk a tutti i Paesi Ue, l’Italia è tra i primissimi a rispondere positivamente alla possibilità di una proroga del divorzio nell’interesse comune di tutta l’Europa: «Sono del parere che se ci fosse domanda di proroga da parte della Gran Bretagna, con la logica di esercizio finalizzato a un risultato, dobbiamo dire sì. Una non-proroga significa andare verso lo scenario di rottura, che è purtroppo sul tavolo» ha spiegato il Ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi durante l’audizione alle Commissioni Esteri riuniti di Camera e Senato.
TUSK, “UE APPROVI LA PROROGA”
Una grossa mano tesa alla premier May arriva questa mattina dal Presidente del Consiglio Ue Donald Tusk: in sostanza ha spiegato di essere disposto ai 27 Paesi Ue di aprirsi ad una proroga sostanziale dei termini di Brexit. «Durante le mie consultazioni prima del Consiglio, farò appello ai Paesi di essere aperti a una lunga estensione se il Regno Unito riterrà necessario ripensare la propria strategia sulla Brexit e per costruire il consenso attorno a essa», conclude Tusk il giorno dopo la decisione del Parlamento Ue di concordare un accordo di uscita allontanando (per ora) il rischio di un no-deal. Secondo i dati oggi riportati dal Telegraph, la Brexit verrà comunque posticipata come minimo al 30 giugno sempre che la Premier Tory riuscirà a convincere tutti i deputati della Camera dei Comuni sulla «necessità di sostenere la prossima settimana l’accordo di cooperazione raggiunto con Bruxelles». Sempre il Telegraph sottolinea come «Se l’accordo sull condizioni della Brexit verrà rifiutato per la terza volta, allora la Brexit verrà condotta su dei periodi più lunghi, ha avvertito la Premier inglese».
I “FALCHI” CHIEDONO AIUTO A SALVINI
La Brexit incombe ma in Gran Bretagna è il caos più totale. Nella serata di ieri si è votato in Parlamento per il “no-deal”, l’uscita senza accordo, e si è rischiata l’apocalisse visto che la proposta è stata bocciata, ma solo per 4 voti, chiaro indizio di quale sia l’umore all’interno del governo britannico. Oggi sarà invece la volta del voto per il rinvio della Brexit oltre il 29 marzo prossimo, quando appunto scadrà il termine, e sono molti quelli convinti che la deadline non deve essere posticipata. Fra questi i famosi “falchi” della Brexit, i più accesi sostenitori dell’uscita dalla Gran Bretagna dall’Unione Europea, che avrebbero chiesto aiuto al ministro Matteo Salvini per fare in modo che il governo italiano esprima il proprio veto durante il prossimo vertice Ue del 21 e 22 marzo, impedendo appunto la proroga di cui sopra. A comunicarlo pubblicamente è stato Arron Banks, fondatore della campagna “Leave EU” (“Lascia l’Ue”), che attraverso Twitter fa sapere: «Potremmo avere bisogno di un piccolo aiuto dai nostri amici del continente sulla proroga dell’articolo 50. Matteo Salvini e altri...». Simile il pensiero di Andy Wigmore, altro sostenitore “hard” della Brexit: «È tempo che Matteo Salvini ci aiuti e metta il veto a una proroga dell’articolo 50. L’Italia può diventare l’eroe dei 17,4 milioni di britannici che hanno votato per uscire». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT, IL NO-DEAL NON PASSA PER UN SOFFIO
Il Parlamento inglese ha approvato per soli 4 voti di scarto il rifiuto al no-deal, dopo sole 24 ore dalla bocciatura sonora dell’accordo siglato da May e Juncker: l’emendamento è passato con 312 voti a favore contro 308 e in extremis, per davvero un soffio, è stato definitivamente scardinato lo spettro del “no-deal” affermando invece l’esplicita volontà di volere un accordo di uscita per il divorzio dall’Europa. Il problema vero è quale tipo di accordo vi sarà, visto la doppia bocciatura a gennaio e ieri delle trattative raccolte dal Governo Tory e la Commissione Ue. Barnier ha già fatto sapere che i negoziati sono del tutto finiti e che tocca a Londra fare il passo: l’unica ipotesi praticabile al momento è la richiesta di rinvio della data di scadenza, una sorta di dilazione di qualche mese per trovare una soluzione alternativa. «Anche questa soluzione, tuttavia, è subordinata ad un ulteriore voto: quello che dovrà accordare il vertice di tutti i capi di governo europei, in calendario il 21 marzo. I tempi, insomma, per trovare una soluzione non catastrofica stanno dunque diventando davvero stretti», spiega bene il Corriere della Sera dopo che il voto di qualche minuto fa ha sancito che la Gran Bretagna non intende uscire dall’Europa «senza un accordo di recesso e una cornice sulle relazioni future».
UE, “BASTA TRATTATIVE!”
Bocciato dal Parlamento per la seconda volta l’accordo raggiunto da Theresa May con l’Unione Europea: ore decisive per la Brexit, con la Camera dei comuni che oggi metterà ai voti una mozione sul no deal. «La responsabilità ora è esclusivamente britannica. E se Londra continua a vuole uscire, l’accordo è e resterà l’unico trattato disponibile. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo fare», ha sottolineato il negoziatore di Bruxelles Michel Barnier. Uno scenario delicato, con l’attuale situazione che porterà a un taglio sulle stime del Pil britannico per il 2019 all’1,2 per cento dall’1,6 per cento. Come evidenzia Teleborsa, l’annuncio è arrivato dal Cancelliere Philip Hammond nel corso del suo intervenuto sullo Spring Statement nel post voto sulla Brexit. «Stiamo facendo un altro passo per uscire dall’austerity», ha commentato, precisando che l’economia di Londra «dovrebbe crescere più rapidamente di quella della Germania». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
BREXIT ALL’ULTIMO SANGUE
«Il voto contro il no-deal nella mozione Brexit per stasera resta nell’obiettivo di questo Governo: abbiamo sempre lavorato per far uscire il Regno Unito dall’Ue con un buon accordo il 29 marzo»: parla ancora la premier Theresa May qualche ora dopo la terribile (ed ennesima) debacle avvenuta a Westminster sul voto di ratifica dell’accordo “modificato” in extremis con il Presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. Nel Question Time settimanale andato in scena questa mattina in Parlamento, inevitabili erano le domande e le richieste sull’imminente situazione che la Gran Bretagna dovrà affrontare dopo la totale incertezza con cui gli inglesi (e l’Ue) sono andati a dormire ieri sera. Stasera però si torna al voto come da programma e la scelta sarà tra una Brexit con accordo oppure il No-Deal. L’alternativa, qualora vinca la mozione May, è che si possa chiedere all’Unione Europea una proroga della scadenza per poter formalizzare un nuovo accordo, magari col nuovo Parlamento Ue dopo le Elezioni del 26 maggio (anche se in quel caso rispunterebbe il nodo sulla presenza o meno di eurodeputati candidati inglesi qualora non fosse ancora arrivata l’uscita ufficiale di Londra dall’Ue, ndr). Se come pare oggi la May incassasse comunque un voto “favorevole” e incline ad una uscita con accordo, allora domani si voterebbe ancora in Parlamento sull’ipotesi di rinvio della data di uscita del Regno Unito dall’Ue. Bruxelles ha già fatto sapere che la concederà solo se corredata da un piano chiaro per uscire dallo stallo.
TUTTI GLI SCENARI POSSIBILI
Se però oggi vincesse il “no” alla May, allora gli scenari che si aprirebbero sarebbero molteplici e con molta poca chiarezza: la soluzione in quel caso, per evitare ancora una volta il no-deal, potrebbero essere quella di un nuovo Governo con maggioranza trasversale in Parlamento che possa avere uno scenario alternativo (referendum Bis) oppure Elezioni anticipate per definire la scelta finale col nuovo inquilino o inquilina di Downing Street. Insomma, Londra è sempre più alle corde e giustamente l’Unione Europea inizia a fare i conti con la possibilità che nel voto “all’ultimo sangue” di questa sera non si risolva ancora nulla. «La responsabilità ora è esclusivamente britannica. E se Londra continua a vuole uscire l’accordo negoziato è e resterà l’unico trattato disponibile. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo fare», ha spiegato oggi in plenaria del Parlamento Ue il negoziatore di Bruxelles per la Brexit, Michel Barnier.
UE APPROVA MISURE ANTI NO-DEAL
«Il rischio di un ‘no deal’ non è mai stato così grande – aggiunge ancora il negoziatore -, chiedo di non sottovalutarlo. Invitiamo in modo solenne tutte le parti interessate a prepararsi. Noi non abbiamo mai lavorato per una uscita senza accordo ma siamo pronti ad affrontare questa situazione». Per questo motivo il Pe ha approvato misure “choc” d’emergenza in caso di no-deal: come riporta l’Ansa, «la prima per un’autorizzazione all’export di determinati prodotti dell’Ue verso il Regno Unito e l’Irlanda del Nord. La seconda sul proseguimento del programma Erasmus+, la terza su alcuni aspetti della sicurezza aerea, la quarta con una deroga per proseguire i programmi di cooperazione PEACE IV e Regno Unito-Irlanda alla frontiera nordirlandese».