Vi abbiamo raccontato negli scorsi giorni la tragedia di Daniele Nardi e Tom Ballard, i due alpinisti morti dopo aver tentato di scalare il Nanga Parbat, la vetta più pericolosa al mondo. I due sportivi potrebbero essere stati uccisi da vento e freddo secondo Alex Txikon, ma nelle ultime ore si è parlato molto di Simone Moro: il grande alpinista italiano, che detiene il record di maggior numero di ascensioni in prima invernale sugli ottomila, si era infatti offerto di recuperare i corpi dei due colleghi, ma ha dovuto fare i conti con il categorico rifiuto delle due famiglie. «Per rispettare l’etica e quella che sarebbe la sua volontà, vogliamo che i resti di Tom diventino piano piano parte del Nanga Parbat e quindi non autorizziamo alcuna rimozione del corpo», le parole della famiglia di Ballard riportate dal Corriere della Sera, con la moglie di Nardi che ha condiviso la stessa presa di posizione: «Non ci sono iniziative in corso ed eventuali iniziative di recupero saranno prese in forma privata».
BALLARD-NARDI, LE PAROLE DI SIMONE MORO
Intervistato dal Corriere della Sera, Simone Moro ha precisato: «Non voglio fare l’eroe e non voglio ricorrere a un personale necro-marketing. Persone vicine a Tom e Daniele mi hanno chiesto se il recupero è possibile e se io fossi disposto a provarci: per il rispetto verso alpinisti che ho conosciuto e che stimavo ho risposto di sì». Così aveva parlato a mountainblog: «Sono stato sotto il Nanga Parbat in quattro spedizioni e ho visto ogni giorno le valanghe che cadevano sullo Sperone Mummery… fa paura. Ecco perché non l’ho mai provato. Non è ce io non abbia le capacità tecniche, ma essere travolto da una valanga è un prezzo troppo alto. Questo non significa che Daniele non sia un buon alpinista, ma lui e Tom hanno deciso di scalare una via consapevoli dell’alto rischio di morire. Sapevano che avrebbero fatto qualcosa che poteva essere mortale. Molto più che su altre vie».