Il capogruppo della Lega che è anche il primo firmatario della proposta di legge a difesa del Made in Italy presentata oggi ha spiegato, a margine della conferenza stampa tenuta in mattinata, quale è la ratio della proposta dei parlamentari del Carroccio: Riccardo Molinari ha infatti spiegato che il ddl, che dovrebbe essere composto da soli sei articoli, prevede l’introduzione di un registro dei cosiddetti marchi storici (ovvero con più di 50 anni di anzianità) presso il Mise, il Ministero dello Sviluppo Economico. “L’idea è di fare in modo che quel marchio diventi proprietà dello Stato nel caso in cui, si veda la Pernigotti, l’azienda venga rilevata da un gruppo estero” ha spiegato Molinari che ha spiegato come la Lega voglia così introdurre uno strumento a difesa del Made in Italy, aggiungendo che purtroppo poco è stato fatto in passato e che “ci sono regole europee che avvantaggiano i grandi, danneggiando i piccoli”. (agg. di R. G. Flore)
IN VISTA ELENCO DELLE AZIENDE “STORICHE”
Parlano di “difesa con le unghie e con i denti”, oltre che attraverso leggi di buon senso, i parlamentari leghisti promotori di una proposta di legge volta a tutelare il Made in Italy e a non concedere marchi storici a quelle realtà produttive che delocalizzano invece di restare nel nostro Paese. A fare da capofila ovviamente il leader del Carroccio, Matteo Salvini, che ha citato questa mattina espressamente il caso della Pernigotti e della produzione del cioccolato rinomato in tutto il mondo in Turchia. A quanto si apprende, il progetto della Lega partirà dopo le Elezioni Europee del prossimo 26 maggio ma emergono già alcuni dettagli della proposta di legge che dovrebbe essere composta di soli sei articoli: tra i punti più interessanti c’è la definizione di cosa sia un marchio storico (si parla di domande di registrazione depositate da più di 50 anni) e anche la volontà di istituire un vero e proprio elenco dei marchi di eccellenza tricolori al 100% e tenuto presso il Ministero dello Sviluppo Economico. (agg. di R. G. Flore)
“GLI STORICI MARCHI RIMANGANO IN ITALIA”
Arriva la proposta della Lega salva “Made in Italy”. L’idea del ministro dell’interno Matteo Salvini per tutelare gli storici marchi italiani, consiste nell’obbligare le aziende straniere che acquistano i grandi marchi del Belpaese, a mantenere la produzione in Italia. Così facendo il titolare del Viminale punta a ridurre il problema dello shopping sottocosto delle aziende tricolore. «Vogliamo difendere con le unghie e con i denti e con leggi di buon senso – le parole del vice-presidente del consiglio durante apposita conferenza stampa tenuta alla Camera – le aziende italiane e i marchi storici. Se poi vuoi aprire con il nome della Pernigotti o della Borsalino aziende in Russia o Cina, devi comunque mantenere la produzione in Italia per conservare il marchio storico». Molte volte, praticamente nella quasi totalità dei casi, chi acquista note aziende italiane poi trasferisce la produzione all’estero, e di Italia rimane ben poco.
MADE IN ITALY, PROPOSTA DI SALVINI
Con tale norma la Lega punta a salvaguardare il “Made in Italy” e nel contempo anche l’economia italiana, evitando la fuga di aziende all’estero. «Marchi storici – prosegue il vice-premier – ormai sono di multinazionale stranieri, che continuano a spacciare per made in Italy cose che non lo sono. A noi interessa che il consumatore sappia cosa compra, cosa che oggi non è permessa, nel nome del libero mercato, che è caos totale». Salvini cita quindi il caso della Pernigotti, acquistata recentemente da una multinazionale turca, che produce i famosi cioccolatini appunto in Turchia: «Ci metti allora una etichetta così grande dove scrivi ‘Made in Turchia’, cosa che oggi l’Europa impedisce». Il ministro leghista ha spiegato che dopo le elezioni europee del 26 maggio, quella del “Made in Italy” sarà una battaglia che verrà portata avanti: «E’ uno strumento per la difesa del Made in Italy e delle aziende italiane – conclude con una frecciata all’opposizione – siamo al governo da 9 mesi, se fosse stato approvato anni fa alcune aziende avrebbero operai al lavoro, ma meglio tardi che mai».