Nella notta americana è stato compiuto il primo arresto dopo l’omicidio del boss dei Gambino Francesco Frank Calì avvenuto lo scorso 14 marzo con una esecuzione in pieno “stile” mafioso a New York: in manette è finito Anthony Comello, 24 anni, residente del luogo, accusato di aver preso parte all’agguato teso al potente boss della malavita siciliana stanziata negli Usa. Non è ancora chiaro se effettivamente il giovane Comello sia mandante mero esecutore, se vi siano altri complici e se non sia invece stato “incastrato” dalla mafia in un omicidio in cui non c’entra nulla. Insomma, come risulta evidente, molte sono le ombre e i punti oscuri sull’omicidio-agguato del boss Frank Calì steso a colpi di pistola davanti alla sua villa in collina di Staten Island a Todt Hill (vicino al ponte di Verrazzano, una delle location del film cult “Il padrino”). I killer prima di fuggire, ricordiamo, erano passati sopra il corpo del boss appena ammazzato con il loro pickup color blu.
“TORNA” LA MAFIA NEGLI STATES
Per la mafia italo-americana, Calì era “O Frankie” mentre per i clan stanziati negli States era semplicemente “Frankie Boy”: secondo gli inquirenti italiani invece Frank Calì era uno dei più importanti eredi della famiglia Gambino da diversi decenni dato che fungeva da punto di contatto tra Palermo e la “vecchia” mafia di New York. Come riporta l’Ansa, di recente erano stati rilevati contatti tra Calì, Nicola Mandalà e Nicola Notaro della Famiglia di Villabate, Giovanni Nicchi della Famiglia di Pagliarelli e Vincenzo Brusca della Famiglia di Torretta. Ora la polizia ha messo le mani su Comello anche se difficilmente è possibile che all’intera operazione abbia preso parte solo il giovane 24enne abitante del luogo e l’impressione forte è che qualcosa tra Cosa Nostra siciliana e altri clan italo-Usa si sia rotto tanto da portare all’eliminazione fisica di chi ultimamente aveva pare un ruolo “ridimensionato” all’interno del maxi giro di affari criminali.