LA SPESA PER LE PENSIONI DI REVERSIBILITÀ
Mentre la prossima settimana ci sarà la conversione definitiva del decreto sulla riforma delle pensioni con Quota 100 in legge, un rapporto dell’Eurostat mostra che l’Italia ha speso nel 2017 più di 45 miliardi di euro, pari a circa il 2,6% del Pil, in pensioni di reversibilità, il doppio della media dell’Unione europea (pari all’1,3% del Pil). L’analisi sulla spesa pubblica mostra anche che il nostro Paese indirizza il 27,4% del Pil verso la popolazione anziana, contro il 22,1% della media. Il dato sulle pensioni di reversibilità si può anche spiegare con una diversa normativa rispetto ad altri paesi europei. Di certo il dato rischierà di riportare a galla la notizia, infondata, sulla possibilità che si possano tagliare le pensioni di reversibilità in Italia. Difficile immaginare che possa avvenire con questo esecutivo, nonostante sia in questi giorni sotto accusa da parte dei sindacati per il blocco parziale delle indicizzazioni e di alcune categorie di pensionati per il taglio degli assegni più elevati.
FORZA ITALIA CONTRO IL GOVERNO
La riforma delle pensioni, oltre a Quota 100, ha previsto un blocco parziale delle indicizzazioni per gli assegni sopra i 1.500 euro netti al mese. Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato di Forza Italia, dopo la pubblicazione della circolare Inps che ha confermato l’avvio del ricalcolo delle pensioni dal 1° aprile, ha detto: «Ora è ufficiale: sono 5,6 milioni gli anziani che si vedranno decurtare la pensione per effetto della legge di bilancio giallo verde. Il governo, per finanziare reddito di cittadinanza e quota 100, toglierà dalle tasche dei pensionati 2,2 miliardi in tre anni. Un inaccettabile furto di Stato a chi ha lavorato una vita, e tutto in nome della decrescita infelice”. Sulla stessa linea anche Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera di Forza Italia, che su Twitter ha scritto: “Dal 1°aprile il governo del cambiamento taglia le pensioni di 5,6 milioni italiani. Dicevano di voler tassare le banche e se la prendono con le pensioni da 1.500 euro. Per il conguaglio del periodo gennaio-marzo ci faranno sapere. Dopo le europee naturalmente”.
L’APPELLO A MATTARELLA SUL DECRETONE
C’è chi non è soddisfatto del decreto sulla riforma delle pensioni con Quota 100 e sul reddito di cittadinanza appena approvato dalla Camera. Antonio Cottura, vicepresidente di Fish Onlus, segnala infatti che “il legislatore ha ignorato totalmente i problemi di chi vive con una disabilità o che ha nella propria famiglia una persona disabile e che è costretta ogni giorno a fare i conti con questa difficile realtà”. L’Agenzia giornalistica il Velino riporta le sue dichiarazioni in una conferenza stampa alla Camera organizzata da Fratelli d’Italia in cui segnala che “nel decreto voluto da questa maggioranza non c’è nemmeno un accenno all’ipotesi di avvicinare l’assegno di pensione d’invalidità alle 780 euro al mese. Ci sono, ancora, molte pensioni ferme a 280 euro: una vergogna in uno Stato civile”. Marco Silvestroni, deputato di Fratelli d’Italia, ha quindi rivolto “un appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché non firmi il decreto e fermi la farsa del reddito di cittadinanza. Occorre riformularlo dando maggiore attenzione ai più deboli e a chi ha problemi di disabilità”.
RIFORMA PENSIONI, L’INDAGINE CISL SCUOLA
La riforma delle pensioni con Quota 100 è stata sfruttata anche dal personale della scuola, grazie anche a una finestra speciale che si è chiusa il 28 febbraio per consentire l’ingresso in quiescenza dal 1° settembre. La Cisl Scuola, durante i servizi di consulenza previdenziale per la presentazione delle domande, ha sottoposto un questionario ai richiedenti, da cui emergono le principali ragioni che hanno portato alla scelta di usare Quota 100. Tecnicadellascuola.it riporta i risultati di questa indagine. “Più della metà degli intervistati ha denunciato o un’esplicita condizione di stanchezza (22,6%), o comunque la convinzione di avere già lavorato abbastanza (29,5%)”. I più stanchi sono quanti insegnano nella scuola primaria (28,9%), seguiti da chi lavora in quella dell’infanzia (23,1%).
Un fattore importante che ha spinto a utilizzare Quota 100 è stato anche “il timore di doversi misurare in seguito con criteri di accesso alla pensione più restrittivi” (16,4%), ma non manca chi ha fatto tale scelta per esigenze familiari (17,3%). Interessante notare che comunque il 53,6% degli intervistati segnala che sentirà la mancanza degli alunni, mentre solo 17,7% avrà nostalgia dei colleghi. C’è tuttavia chi non rimpiangerà nulla (28,7%). Significative anche le risposte alla domanda su cosa sarebbe servito per rimanere in servizio. Infatti, il 30,9% indica uno stipendio più alto, ma il 39,1% avrebbe voluto un più significativo riconoscimento sociale del proprio lavoro. Il 13,3% avrebbe invece voluto un posto di lavoro più vicino a casa.