Il caso di Michele Ruffino, come ben dice Dagospia, è uno “schifo senza fine”: un 17enne con disabilita fisiche – per colpa di uno vaccino scaduto somministrato quando aveva sei mesi – dopo anni di bullismo subito a scuola si suicida: la madre, Maria Catrambone Raso, da allora combatte ogni giorno il dramma del bullismo organizzando eventi, incontri e interviste per ribadire come le vittime bullizzate vanno accompagnate fino in fondo per evitare quanto successo con Michele. Non solo, la donna animata dal profondo proposito di celebrare i 18 anni del figlio scomparso, lo scorso febbrai ha indetto una cerimonia commemorativa in onore alle vittime di bullismo, ma nessuno della scuola di Michele ha avuto il coraggio di presentarsi: «Ho pregato la preside di esserci ma non è venuta. Così come non sono stati presenti professori e studenti, ad eccezione del docente di pasticceria e di quattro compagni che ogni tanto vengono ancora a farmi visita». Insomma, uno “schifo senza fine”, anche se termine un po’ pesante, spiega al meglio la situazione: e non finisce qui, come ben racconta Fabrizio Barbuto su Libero Quotidiano intervistando la donna disperata ma lucidissima che ha perso un figlio per un dramma così assurdo.
LE RISATE ANCHE AL FUNERALE
A quel figlio aveva insegnato la mansuetudine: credeva e pensava davvero di agire nel suo bene «erudendolo a rispondere con l’ indifferenza alle provocazioni di chi lo chiamava “handicappato” e gli sputava addosso»: oggi, nonostante la tragedia, Maria non cambia la sua linea ma vuole fare evidentemente di più per proteggere altri ragazzi e ragazze che rischiano ogni giorni di rimanere vittima del “letame” piovuto addosso da bullismo e cyberbullismo. «Vorrebbero chiudere il caso per suicidio, ma non esiste. Devono andare a prendere ad uno ad uno chi si è reso responsabile della morte di mio figlio», attacca ancora Maria Catrambone Raso che racconta un altro aneddoto agghiacciante di quella lunghissima e triste giornata nel giorno dei funerali di Michele Ruffino «Un ragazzo rideva davanti all’ epigrafe di Michele all’ ingresso della chiesa, dicendo che nella foto era venuto bene, e che dal vivo era molto più brutto e sgorbio. È stato denunciato dai testimoni che me l’ hanno riferito. I suoi genitori, intanto, erano dentro la chiesa a farci le condoglianze». Umanità e dolcezza, per la famiglia di Michele sono irrinunciabili nonostante quanto avvenuto e assieme vi è la giusta richiesta che vengano fermati i colpevoli del dileggio costante contro un ragazzino che aveva l’unica “colpa” di avere segni e deformazioni sulle gambe. La chiosa della madre nell’intervista al collega di Libero è però commovente: «n ragazzo di Salerno mi ha contattato dicendomi che, se mai fosse diventato padre, avrebbe chiamato il figlio Michele. Ci siamo risentiti qualche giorno fa: la sua compagna è incinta, e voleva comunicarmi che terrà fede alla promessa».