Di origine libanese, Dario Reda è un giovane docente dell’università di Padova. Non appartenente a nessuna religione (padre musulmano, madre cattolica ma non praticante), non battezzato, un giorno vede sulla maglietta del suo eroe del calcio, il brasiliano Adriano, la scritta tratta dalla lettera di San Paolo ai Filippini “Tutto posso in colui che mi dà forza”. La frase lo attrae, diventa quasi il suo motto di vita, anche se la storia personale di Adriano, fatta di droga e sesso sfrenato, non è esattamente quella che si dice un buon esempio. Più utile per il futuro insegnante è l’amicizia nata con una ragazza dalla profonda fede cristiana, Irene, che gli parla di cose mai sentite che lo affascinano sempre di più. E’ così che la notte di Pasqua del 2011 riceve il battesimo. Così commenta la decisione: “Una irrefrenabile voglia di sorridere”: “I cristiani – dice –non possono essere tiepidi, incontrare Gesù è qualcosa che non ci permette di stare fermi e non ci fa smettere di sorridere”. Parole che ben pochi cristiani nati e battezzati nella fede sono in grado di dire.
L’AMICO MUSULMANO
Lui invece vive con pienezza questa gioia, fa lunghi viaggi in bicicletta dove gode della bellezza del creato e di comunicare quello che ha incontrato. Tanto che porta alla fede cristiana anche un suo amico musulmano. Si sa che per questi convertirsi a un’altra fede significa blasfemia pura, con minacce di morte. “Tu metteresti a rischio la tua vita per rimanere cristiano?” gli chiede. La risposta è sì. Ricorda don Alberico parroco della sua comunità che un giorno organizzarono una vacanza dei ragazzi dell’oratorio in Val Brembana. Loro andarono in pullman, lui in bicicletta. A un certo punto forò una gomma e visto che aveva pochi soldi chiese a un ristorante lì vicino se poteva lavare i piatti per pagarsi una gomma nuova. Stupiti, lo accolsero dandogli da dormire, da mangiare e i soldi. “Lui vive tutto con umiltà e semplicità” dice il sacerdote “ha la capacità di vedere negli altri il meglio che portano dentro”.