Si torna a parlare del caso di Tony Drago, il militare siracusano morto il 6 luglio del 2014, presso la caserma dei Lancieri di Montebello a Roma. Per gli inquirenti si trattò fin da subito di suicidio: Tony si sarebbe gettato dalla finestra per una delusione amorosa. Ma la famiglia si è sempre opposta a tale conclusione, portando avanti da quasi cinque anni una personale battaglia legale. Peccato però che il gip la pensi diversamente, e abbia disposto l’archiviazione della vicenda. Vi sono una serie di incongruenze in questa vicenda, a cominciare da una perizia medica eseguita da Orazio Cascio, il consulente della madre di Tony, che stabilisce come il militare sia stato colpito alla schiena violentemente, e poi finito con un colpo alla testa. Tony sarebbe stato poi gettato di sotto, inscenando un suicidio. A “Chi l’ha Visto?”, programma di Rai Tre, è stato intervistato Dario Riccioli, il legale della famiglia, che ha spiegato «Come ci muoveremo ora dopo l’archiviazione? Primo di tutto chiedendo la condanna per i responsabili, ovvero, lo stato maggiore. Inoltre, stiamo studiando un ricorso alla Cedu, la corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, per violazione dell’articolo 2, il diritto alla vita».
TONY DRAGO, MILITARE MORTO NEL 2014: LA FAMIGLIA VUOLE GIUSTIZIA
Intervistata anche Valentina, la sorella della vittima, che si dice ovviamente indignata e delusa per quanto fatto dalla giustizia in questi cinque anni: «Quando ho finito di leggere il provvedimento del gip ho sentito la stessa pugnalata allo stomaco di quando mi hanno comunicato che mio fratello era morto: Tony è stato ucciso per una seconda volta, i colpevoli non sono solo gli assassini materiali di mio fratello, ma anche coloro che dovevano indagare e che l’hanno fatto male». Per l’avvocato sono moltissimi i dubbi in merito a tale vicenda e che andrebbero contro l’archiviazione, a cominciare proprio dalla famosa perizia medica di cui sopra: «E’ stato riscontrato un enfisema polmonare che è incompatibile con un suicidio, è stato vittima di nonnismo e poi finito alla testa. Il giudice è andato contro queste conclusioni ma non aveva i mezzi per farlo». Vedremo se la famiglia riuscirà a riaprire il caso.