Auditorium affollatissimo il 4 aprile per l’esecuzione della ‘Nona’ di Beethoven diretta da Kirill Petrenko (giovane – classe 1972 – maestro nato in Siberia ma naturalizzato in Austria) che è stato eletto alla guida dei Berliner Philharmoniker, incarico che assumerà il prossimo agosto. Petrenko è uno dei più noti e più apprezzati direttori d’orchestra di questi anni. Molto preso da teatri e sale di concerto di tutto il mondo non è spesso presente in Italia. Il concerto del 4 aprile viene replicato tre sere a Roma. Inoltre, con un programma differente, nel corso di questo viaggio nel nostro Paese, Petrenko dirigerà i complessi sinfonici della Rai a Torino. A Roma, nel recente passato, ha diretto, nell’ambito delle stagioni sinfoniche ceciliane, nel 2010 (Stravinskij e Shostakovic) e nel 2013 (‘L’oro del Reno di Wagner in versione da concerto).
C’era, quindi, grande attesa. Tanto più che sino alla tarda sera del 3 aprile si temeva che il concerto non avesse luogo, o si tenesse mutilato dal coro, a ragione di una vertenza sindacale che riguarda la pianta organica, di cui si prevede la graduale riduzione a 66 elementi (oggi i coristi stabili sono 78) nel 2021 senza, però, alcun licenziamento dato che i coristi ‘in eccedenza’ andranno a riposo per limiti d’età.
Occorre dire che nei concerti con l’organico corale più vasto si contempla un coro di 60-65 elementi; quindi, la posizione dell’istituzione appare giustificata tanto più che nelle rare composizioni che prevedono un organico ancora maggiore (ad esempio, il Requiem di Berlioz in programma ad inaugurazione della prossima stagione, prevede 120 coristi) si possono scritturare aggiunti. La vertenza, che nelle scorse settimane ha causato modifiche di programmi ad un paio di concerti, si è conclusa felicemente proprio alla vigilia della lettura della ‘Nona’ da parte di Petrenko.
Una lettura, al tempo stesso, filologica e personalissima. Nella ‘Nona’ composta oltre dieci anni dopo la sua precedente sinfonia (l’’Ottava’), non solo, come si legge spesso nelle enciclopedie musicali, Beethoven prende la struttura sinfonica in quattro tempi formalizzata da Haydn, e vi aggiunge la voce, ma lancia una sfida tesa verso il futuro, modificando la sintassi sinfonica (lo ‘scherzo’ precede l’’adagio’ invece di seguirlo) e dandole un grande afflato filosofico e morale. Wagner parlò di liquidazione, con la ‘Nona’, della forma stessa di sinfonia e della musica puramente strumentale e, quindi, come punto di avvio del sinfonismo come parte integrante dal ‘dramma musicale’. Petrenko ha grande esperienza di musik drama (per quattro anni ha diretto il Ring a Bayreuth) e ha senza dubbio tenuto conto di questa interpretazione wagneriana.
A differenza delle letture cesellate (ad esempio, quella di Solti con i complessi di Chicago immortalata in una registrazione della Decca del lontano 1966) o di quelle eroiche (da von Karajan a Pappano), Petrenko offre un’interpretazione altamente drammatica.
L’aspetto saliente è lo stacco netto tra i primi tre movimenti ed il quarto. E’ uno stacco presente non solo nella partitura ma in numerose altre esecuzioni. Tuttavia, mentre molti direttori d’orchestra vedono i primi tre movimenti come una sintesi od una summa dei precedenti lavori sinfonici di Beethoven, Petrenko legge i primi tre movimenti come filtrati dalla memoria, come un ricordo (dell’autore) di quelle erano state le sue precedenti sinfonie, ricordo tanto più necessario in quanto si predisponeva a lanciarsi su un terreno sino allora inesplorato. Lo si avverte sin dal primo accordo.
Non è un ricordo malinconico ma tale da trasudare di gioia per il lavoro compiuto in passato come pista per indirizzare il futuro. La gioia esplode nell’inno schilleriano in cui il coro ed i solisti (Hanna- Elisabeth Műller, Okka von Damerau, Benjamin Burns, Hanno Műller – Brachmann) fondono le loro voci con l’orchestra.
La direzione di Petrenko è spettacolare anche sotto il profilo visivo. Snello ed atletico dirige con tutto il corpo, non solo con le braccia, ma anche con le mani, le spalle e perfino le anche, inviando indicazioni puntuali ai vari gruppi strumentali.
Un successo enorme coronato da dieci minuti di ovazioni.