Tale padre, tale figlio. Mai massima fu più azzeccata, nel caso di Gabriel e il figlio Joaquin Batistuta. La loro, però, non è la solita storia del “gene calcistico”, quello che si tramanda di padre in figlio e fa sognare almeno due generazioni di tifosi. Classe ‘99, Joaquin proprio non ci sta a seguire le orme del Batigol. I due sono simili in senso diverso: fanno entrambi scelte “perdenti” (all’apparenza), eppure non deludono mai. Perché le fanno con una certa coerenza, nel pieno rispetto di quelli che sono e di quelli che vogliono essere. Prendi Gabriel: la Fiorentina è stata la sua casa per anni. I “no” detti a Real Madrid, Manchester United e Milan sono stati funzionali all’unico, grande “sì” pronunciato davanti alla maglia Viola, che ha sempre indossato con fierezza. Sarà che il suo soprannome era “Re Leone”; resta di fatto che Gabriel, in campo, ha sempre ruggito.
Joaquin Batistuta commesso in copisteria
Joaquin Batistuta è il “cucciolo” di casa a tutti gli effetti. Estraneo allo showbiz, sarà stato quantomeno infastidito dall’ondata di critiche dopo il suo esordio tardivo (se esordio si può chiamare) sui tabloid di tutto il mondo. Joaquin, infatti, si è ritrovato al centro della bufera dopo le dichiarazioni del padre: “Come è possibile che faccia un lavoro così? Che i miei figli lavorino, per me, è come poter regalare loro la dignità”. Il lavoro in questione è quello di commesso in copisteria. “Potrei permettermi di regalare ai miei figli delle auto nuove e di lusso”, ha spiegato Gabriel a Espn, “ma non so quanto si sentirebbero felici, o almeno quanto potrebbe durare quella felicità. Io so che magari prendono l’auto, si fanno un giro per le vie del centro e le ragazze, o la gente, li guardano. Molti potrebbero pensare ‘però, guarda che auto che ha’, e questo li potrebbe imbarazzare, perché dentro di loro sanno che quell’auto non è veramente loro. Non c’è paragone col guidare un’auto magari meno bella e potente, ma di cui poter dire: ‘Questa me la sono guadagnata da solo’”. Ineccepibile: 1 a 0 per loro.